«Vieni avanti Angelino»
Quindici anni di ragionamenti sulla successione a Silvio Berlusconi risolti in quattro ore, interrotte da continui applausi. Il Consiglio nazionale del Popolo delle libertà ha ratificato con un migliaio di voti favorevoli e nessuno contrario la nomina di Angelino Alfano a segretario nazionale di un partito che da sempre, da quando si chiamava Forza Italia, non ha mai avuto una figura di riferimento diversa da quella di Berlusconi. Un esito troppo semplice: il destino del Pdl non dipende da questa mattinata di acclamazione ma dal prossimo scontro tra le correnti interne e soprattutto dalla tenuta o meno del governo che Alfano, ministro della giustizia ancora per poco, si appresta a lasciare. Neanche la questione della successione al fondatore e padrone è risolta per sempre.
Alfano nel suo intervento ha persino negato l’esistenza del problema. Rivolgendosi con il lei a Berlusconi come durante tutto il discorso di investitura, il neo segretario ha detto «abbiamo ancora bisogno del suo sorriso, non ci sarà nessuna successione o eredità perché sarà ancora lei a guidare il centrodestra nel 2013». Berlusconi però ha incassato il passaggio con una mestizia che ha segnato tutta la cerimonia, dando il segno che qualcosa di vero stava accadendo e non la messa in scena di un falso cambiamento. Adesso Alfano ha la posizione per fare ombra a Berlusconi, anche se non ancora la possibilità , la capacità e forse neanche l’intenzione. Berlusconi che è stato costretto alla nomina dalle sconfitte elettorali e dal crollo nei sondaggi è apparso ben consapevole del passaggio di fase. E ha cercato di accompagnarlo conservandosi ancora un po’ al centro della scena, chiedendo in nome suo un’elezione del prescelto per acclamazione. Ma è stato contenuto da Denis Verdini, preoccupato stavolta di far rispettare le forme e procedere prima alla modifica dello statuto (tutti d’accordo, tranne uno, un avvocato di Pordenone ancora fuori dal giro dei consulenti del cavaliere). Altri segnali di un passaggio sofferto più che desiderato da parte di Berlusconi sono stati il suo riferimento al maggior merito di Alfano: «Non è un menzognero», intendendo dunque che altri lo sono stati. E poi la triste e conclusiva replica, questa volta neanche troppo attesa (La Russa: «Ha promesso che sarà breve») e risolta con un modesto invito a riunire «una volta ogni tre mesi» il Consiglio nazionale del partito. Braccia alzate sì, tentativi di far sorridere la platea neanche uno più.
E patetica potrebbe essere considerata la punitiva seduta di due ore a palazzo Grazioli che Berlusconi ha immediatamente inflitto ad Alfano – privato anche della possibilità di godersi un po’ la giornata – non fosse che queste chiamate a coorte restaranno un’abitudine per il neo incaricato. Da qui la facile battuta con la quale Bersani ha rotto il fair play del primo giorno: «Ma è il segretario del partito o è il segretario del presidente del partito?». Nell’immediato il segretario politico del Pdl non potrà allontanarsi nemmeno un po’ dalla tutela assoluta di Berlusconi, almeno fino a quando Berlusconi resterà alla guida del governo. Perché le acque interne che dovrà navigare sono le più agitate. Il segretario partirà senza una sua segreteria di fiducia perché formalmente avrà i tre coordinatori come braccio operativo. Ma i tre coordinatori sono convinti più o meno dell’opposto: che potranno loro disporre del segretario. Alfano li ha omaggiati nel suo discorso: «Senza di loro – ha detto – io non sarei qui». Poi ha ringraziato anche altri due capibastone, Matteoli e Scajola. Il secondo ha evitato persino di intervenire, ma a margine ha ribadito che la vera partita si giocherà nel congresso del partito: la nomina di Alfano tornerà in discussione.
Altri come Formigoni hanno spiegato che tutte le cariche interne del partito dovranno essere scelte con le primarie. Dunque anche quella di segretario nazionale appena istituita. Visto che, come ha sostenuto Giorgia Meloni alla quale è stato riservato lo spazio più evidente – l’ultimo intervento senza limiti di tempo – anche la leadership di Berlusconi dovrebbe passare per le primarie. E se il neo segretario ha attaccato (senza citarlo) Alemanno, dicendo che «non è possibile che a chi non piace il candidato del Pdl si fa la sua lista Coca Cola (com’è accaduto nel Lazio, ndr)», il sindaco che a Roma è in grande difficoltà ha risposto al siciliano Alfano che per il Pdl il prossimo grande problema sarà … Palermo.
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