Tavaroli: i dossier? Era implicito che il vertice li ritenesse illeciti

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A 5 anni dall’inizio dell’inchiesta sui dossier illegali della Security di Pirelli e Telecom, Giuliano Tavaroli resta in bilico anche nell’ultimo interrogatorio (sfociato nell’archiviazione sua e di Marco Tronchetti Provera per la finta microspia del 2001 nell’auto di Enrico Bondi) il 13 dicembre 2010 ai pm Robledo, Piacente e Civardi. Solo per i dati carpiti alla Kroll, tramite un hacker russo, Tavaroli aggiunge che l’idea di cancellarne l’origine illecita, simulando un invio anonimo per posta a Tronchetti fu ideata da due legali d’azienda, e «il presidente la accettò» .

Sul dossier Oak Fund che accreditava interessi offshore dei Ds, Tavaroli insiste che «mi fu chiesto direttamente da Tronchetti» , anche se poi «in una riunione a gennaio 2006 in Telecom negò l’evidenza: era molto preoccupato in quanto sapeva che il dvd di Cipriani in possesso della Procura conteneva pratiche sensibili come su Brancher e Oak Fund» . È nota la diversa versione di Tronchetti: «Tavaroli venne a dirmi che, se volevamo, poteva avere informazioni su un fondo che faceva capo a D’Alema e altri. Io gli dissi che non mi interessava; e comunque, qualora le trovasse rilevanti, di portarle in Procura» .
Su Oak Fund Tavaroli ripudia infine «la non intervista» del luglio 2008 («furono 5-6 incontri in inverno, c’erano molti errori, rappresentazioni inesatte» ) in cui Tavaroli, secondo Repubblica, riferiva un conto estero al senatore ds Nicola Rossi (che, estraneo ai fatti, ha fatto causa): «Alcune cose sono proprio sbagliate, il giornalista fa confusione e cita dei nomi collegandoli a fatti non correlati… ad esempio Nicola Rossi» . Il pm Civardi obietta: «È un po’ clamoroso» . E Tavaroli: «Ho capito, ma se lui scrive delle cose mica è colpa mia?» .


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