Colta, ricca e molto influente Londra capitale del mondo

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Il mondo è globale, l’Europa è vecchia, i cinesi sono corteggiati da ogni Stato esistente sulla terra, ma poi basta mettere insieme cinque criteri essenziali e si scopre che se oggi si dovesse decidere quale è la capitale di tutti noi, il posto lo conquista Londra. Il risultato emerge da un’inchiesta approfondita di Intelligent Life, bimestrale dell’Economist, che uscirà  in più puntate a partire da settembre, dando ai lettori la possibilità  di fare la loro scelta fra le nove in gara: Pechino, Shanghai, Tokyo, Delhi, Mumbai, Città  del Messico, Washington, New York e appunto Londra.
I criteri scelti sono cinque: potere e influenza politica, reddito e benessere, educazione, contatti e legami economici, cultura. E se nel primo campo guida Washington, negli altri il testa a testa è fra Londra e New York, che infatti resta seconda per un solo punto alla capitale della Gran Bretagna. E che oggi rischierebbe di non venire più scelta come sede delle Nazioni Unite come nel 1946. Ma per capire perché quella che negli anni Cinquanta era la capitale mondiale nel cuore di buona parte degli abitanti del mondo ha perso il posto, non basta pensare a una predominanza degli Stati Uniti di allora che oggi non c’è più. Bisogna invece partire dalla Roma di duemila anni fa e passare per la Costantinopoli del quinto secolo, diventata unica capitale internazionale dopo la caduta dell’ultimo imperatore d’Occidente, come per la Bagdad alla guida dell’imponente impero degli Abbasidi del decimo secolo. Tutti posti dove contava il potere, contava l’economia, ma erano altrettanto importanti il cosmopolitismo, la fioritura di produzioni intellettuali in ogni ramo del sapere. E la capacità  di essere un simbolo che tutti vogliono imitare, da dove partono idee e servizi essenziali alla crescita generale, oltre che componenti per la produzione di oggetti. Il che, per esempio, esclude Pechino, perlomeno finché durerà  l’attuale forma di governo e i residenti stranieri saranno l’1% come adesso. Manca il cosmopolitismo, manca lo status di esempio da imitare.
Washington, poi, ha molto potere economico e politico: come sede del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, è il posto del globo dove vengono prese più decisioni di interesse generale che esista. Ma anche lei, con tutti i suoi think-tank di esperti, non ha carisma, non fa da esempio. E manca il commercio. Oggi, ragiona Intelligent Life, solo le città  internazionali progettano e producono di tutto. Ma c’è un club più ristretto: solo le città  globali – New York, Londra, Tokio – sono specializzate in servizi finanziari internazionali. Le metropoli in rapida crescita di questi decenni, da Shanghai a Delhi, Mumbai, di nuovo Pechino, ma anche San Paolo e Città  del Messico, non sono ancora entrate in quel club. Restano escluse le altre città  europee, ma non hanno i mezzi per rispondere ai criteri di selezione. Mentre l’unica che vince è proprio qui, nella vecchia Europa, con i suoi tanti stranieri residenti e spesso portatori di cosmopolitismo, con il mercato finanziario accanto all’offerta universitaria e culturale, con l’alta quota di connessioni globali – raggiunta sia con la quantità  di lingue insegnate che con quella delle connessioni Internet. Quel punto con cui batte New York, però, è nella casella: “potere e influenza politica”. Parola di Intelligent Life, con sede al 25 di St. James’s Street, due passi da Piccadilly.


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