E Napolitano apprezza il Cavaliere, a suo agio sui dossier

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Una procedura insolita, ma necessaria per sveltire il più possibile l’esame dei provvedimenti da parte degli uffici giuridici del Colle e consentire a Giorgio Napolitano di valutarli, e firmarli, entro Ferragosto. E invece, fino alla serata di ieri, non è arrivato nulla, nello studio del capo dello Stato. Un segno delle tensioni e dei problemi interni alla maggioranza e che costringerà  la stessa presidenza della Repubblica a una corsa contro il tempo, per garantire appunto il varo della manovra «ristrutturata» prima della riapertura delle Borse.
Al Quirinale, comunque, non si recrimina più di tanto su questo slittamento a stamani. L’importante, si sottolinea, è che il risultato finale tenga conto delle tre indicazioni date da Napolitano. Cioè che le misure siano ispirate a un rigore non dissociato dalle esigenze dello sviluppo (come ci chiedono i mercati e la Bce), a equità  sociale (come impone una politica minimamente compassionevole) e a un atteggiamento di non-chiusura verso le opposizioni (come suggerisce il buonsenso).
Intanto il capo dello Stato ha concluso ieri, incontrando il neosegretario del Pdl Alfano e il presidente della Camera Fini, il «giro d’orizzonte» con maggioranza e opposizione culminato giovedì nel vertice con Berlusconi e Tremonti. Colloqui — ha fatto sapere il Quirinale in una nota — dominati dalle «preoccupazioni e dalle esigenze» più volte espresse da Napolitano. Il quale resta «in attesa» di quanto sarà  deliberato dal Consiglio dei ministri «per far fronte ai gravi rischi emersi per l’Italia» e per «corrispondere alle attese delle istituzioni europee». Una sfida multipla per la quale chiede che «prima e dopo» le scelte dell’esecutivo (ossia durante il percorso parlamentare) «si sviluppi il confronto più attento, aperto alle proposte di tutte le forze politiche e sociali che appaiono consapevoli delle comuni responsabilità  nell’attuale delicatissimo momento».
Il nuovo richiamo alla coesione nazionale segnala l’indicazione del presidente sul «metodo» (non potendo lui entrare, se non per linee generali, nel merito) per uscire dalla crisi. Su questo fronte c’è da dire che Napolitano ha giudicato una sorpresa positiva, l’altro ieri, l’atteggiamento di Berlusconi. Diversamente da qualche altra volta in passato, il Cavaliere ha infatti mostrato di conoscere a fondo i dossier e le misure di cui si parlava, padroneggiando la materia. Si è mosso, insomma, come prevede l’articolo 95 della Costituzione, che assegna al premier la prerogativa di indirizzare e dirigere l’attività  del governo.
E nello scambio di idee e consigli avvenuto al Quirinale, Berlusconi è sembrato disponibile ad accettare un particolare consiglio del capo dello Stato. Formulato più o meno così: perché non cambiate l’intestazione del capitolo «Tagli ai costi della politica» con «Riduzione dei costi degli apparati istituzionali»? Può apparire una questione di lana caprina, una questione nominalistica, ma non lo è. Non a caso, il titolo suggerito da Napolitano consentirebbe di intervenire sull’intera architettura dell’apparato statale. Comprese quelle Province e Comuni sui quali da anni si vagheggiano più o meno drastiche economie di spesa.


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