Gas, nuovi venti di guerra Russia-Ucraina “Prepariamoci a un inverno difficile”

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MOSCA – Ci mancava solo un’altra guerra del gas. Eppure lo spettro di una nuova crisi energetica per l’Europa e per l’Italia in particolare comincia a delinearsi come una minaccia molto seria. Già  ieri sera a Sochi, dopo il fallimentare vertice a porte chiuse tra il presidente russo Medvedev e il suo omologo ucraino Yanukovich sulle rive del Mar Nero, gli esperti di entrambi i paesi parlavano chiaro: «Prepariamoci a un inverno difficile e a una guerra che coinvolgerà  tutta la Ue». Lo scenario è già  previsto nei particolari: il prezzo del gas russo è troppo caro per le disastrate casse ucraine, l’accordo non arriva e ci sono semmai minacce di ulteriori aumenti. Al primo ritardo nei pagamenti la Russia chiuderà  la fornitura. E, come è già  avvenuto negli anni scorsi, l’Ucraina avrà  un solo modo per non lasciare i suoi abitanti nel gelo e per non paralizzare la sua industria: deviare sulle condutture nazionali il gas diretto agli altri clienti russi, cioè Germania, Polonia, Repubblica ceca e Italia.
L’incontro di ieri, le richieste reciproche, i toni usati e -soprattutto – la conclusione senza uno straccio di dichiarazione ufficiale, non lasciano presagire nulla di buono. La trattativa tecnica sui prezzi è stata affidata ad una speciale commissione che si riunirà  a settembre ma nessuno tra i suoi componenti rilascia dichiarazioni ottimistiche. La situazione è complessa: è evidente che non si tratta di una pura trattativa commerciale ma di un braccio di ferro politico dove è in ballo la sfera di influenza di Mosca sull’ex repubblica sovietica.
I prezzi del gas venduto dalla Russia all’Ucraina variano intorno ai 300 dollari per mille metri cubi. Prezzo che tende a salire perché parametrato a quelli, in costante aumento, del gasolio. Il tutto secondo un accordo stipulato al termine di un’altra guerra del gas, nel gennaio del 2008. Il premier ucraino era allora Yiulia Tymoshenko che, non a caso, adesso è in carcere con l’accusa di aver stipulato un accordo dannoso per il suo Paese. L’arresto, spettacolare e pretestuoso della leader della fallita “rivoluzione arancione” filo occidentale, è uno degli elementi di tensione tra Kiev e Mosca. Ma c’è molto altro. Eletto con l’appoggio, non solo morale, del governo russo, Yanukovich è perennemente indeciso tra entrare nella sfera politica russa o invece cedere alla sirene occidentali. Mosca lo invita a far parte di un’unione doganale insieme a Bieloussia e Kazakhstan e lui invece studia l’offerta europea di una zona commerciale aperta a Ovest. Mosca vede come il fumo negli occhi l’invadenza della Nato, e Kiev partecipa a manovre militari allargate consentendo alla Marina Usa di far entrare un incrociatore lanciamissili nel Mar Nero. Perfino i prossimi europei di calcio, organizzati insieme alla Polonia, sono visti dal Cremlino con un certo fastidio. Mosca chiede, quindi, a Kiev garanzie precise: apertura ai capitali russi, fusione delle rispettive società  nucleari. E soprattutto la fusione tra Gazprom e Naftogaz Ukraini, l’ente di stato che controlla tutte le condutture di gas sul suolo ucraino. Solo in questo caso, ha ripetuto ieri Medvedev, Mosca potrebbe valutare uno sconto sui prezzi del gas. Yanukovich ha risposto indignato: «Non se ne parla, ne va della nostra sovranità ». I rubinetti sono ancora aperti ma la nuova guerra del gas è di fatto già  cominciata.


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