La dieta della vita

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Sembra scomparsa la parola “salute” e dimenticato l’obiettivo “prevenzione” (la diagnosi precoce aiuta ma scopre una malattia già  in corso), nei centri di ricerca si studiano soprattutto malattie e farmaci. Cosa sia la salute, come si mantiene, come si recupera non è lo studio più finanziato e neppure l’obiettivo principale delle politiche sanitarie nazionali.
Se la salute torna al centro della ricerca, l’ambiente naturale e sociale diventa importante. E si scopre il ruolo benefico di aria, acqua, terra non inquinati, di stili di vita sobri, dell’attività  fisica, di un buon cibo, di una vita di relazioni solidali e della stessa felicità . Non è un caso che tutti questi fattori sono presenti nelle comunità  mondiali più longeve studiate da anni. In Sardegna attorno al massiccio del Gennargentu, nella valle di Vilcabamba, in Ecuador e nell’isola di Okinawa, in Giappone l’alimentazione, varia e locale, ha un ruolo preponderante. Per il resto moderazione, valori condivisi, vita attiva, capacità  di godere delle piccole cose. Negli anni Cinquanta lo scienziato statunitense Ancel Keys, santificò la dieta mediterranea – cereali integrali, pesce, legumi, pomodoro e olio d’oliva – proclamata dall’Unesco nel 2010 patrimonio immateriale dell’umanità .
Gli Hunza dell’Himalaya furono la prima popolazione longeva e sana studiata scientificamente. Con il viaggio avventuroso in Tibet dell’orientalista Alexandra David-Neel, negli anni Venti alimentarono il mito di Shangri-la, la contrada felice che ispirò il libro, poi un film, “Orizzonti perduti”. Negli anni Ottanta divennero nuovamente noti grazie al volume di Ralph Bircher, pubblicato in Italia dalla Libreria Fiorentina.
Fu il nutrizionista britannico sir Robert McCarrison, medico personale del re Giorgio V, a far conoscere in Occidente gli Hunza, «il popolo che ignora le malattie». Il segreto? Un’alimentazione sobria e senza prodotti chimici. McCarrison passò trent’anni in India e continuò le ricerche in patria. Nel 1921 pubblicò uno studio sulla dieta operaia, pessima e insufficiente, e con sir Albert Howard, botanico imperiale in India e con lui padre dell’agricoltura biologica inglese, sostenne il “Medical Testament. Nutrition, Soil Fertility and the National Health” elaborato da un gruppo di medici e pubblicato nel 1939 sul British Medical Journal. Lo studio si pronunciava contro la raffinazione dei cereali e gli allevamenti del bestiame per la carne, per un uso moderato dei carboidrati, per frutta e verdura fresca, latte e, soprattutto, per il metodo di coltivazione organico.
Il ritorno a una vita più semplice sembra dunque essere la chiave di una vita meno afflitta da patologie. Ed è quanto stanno facendo in tanti nel mondo ricco. Risanare l’ambiente è la prima azione di politiche sanitarie efficaci, seguita da scelte radicali per cambiare le attività  inquinanti e per dare alle popolazioni un cibo sano, nutriente e saporito.


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