Manovra, stop al nuovo scudo Si lavora sul quoziente familiare

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ROMA — «Realtà  virtuale». Il ministro alla Semplificazione, Roberto Calderoli, boccia l’ipotesi di un nuovo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall’estero. «Non ne ho mai sentito parlare, ma ormai — dice il ministro da Calalzo di Cadore, dove ha incontrato il titolare dell’Economia, Giulio Tremonti — sono i giornali che scrivono le manovre». E così rischia di essere almeno per le prossime due settimane, fino a quando, cioè, l’esame parlamentare del decreto per l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013 non entrerà  nel vivo con la presentazione degli emendamenti alla Commissione Bilancio del Senato: la consegna di Palazzo Chigi ai ministri è quella di sfumare qualsiasi ipotesi, velleità  o indiscrezione.
Di punti fermi, di conseguenza, non ce ne sono. La modifica del contributo di solidarietà  sull’Irpef dei redditi più alti, per articolarlo in funzione dei figli e dei familiari a carico, è la misura che incontra i consensi più ampi nella maggioranza, ma dal governo non giunge alcun segnale ufficiale al riguardo. Né ci sono da aspettarsene nei prossimi giorni. Vuoi per le direttive impartite dal premier, vuoi perché, nei ragionamenti di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia, sarebbe un errore concedere aperture sostanziali già  in questa fase preliminare.
E mentre si inseguono le voci sulle possibili misure da inserire o da correggere nella manovra, dal governo giungono soltanto smentite di circostanza. «Al momento non stiamo studiando questa ipotesi» dice il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, interpellato da Sky Tg24, a proposito delle voci su una possibile riapertura, sarebbe la quarta, dello scudo fiscale per il rimpatrio dei capitali. Opzione accantonata, dunque. Come quella di inasprire la tassazione sui capitali già  rientrati con lo scudo fiscale del 2009, sulla quale invece insiste il Partito democratico.
Pier Luigi Bersani sollecita una tassazione aggiuntiva del 15%, punta all’introduzione di un’imposta sui grandi patrimoni immobiliari, dice sì alla Tobin Tax europea sulle transazioni finanziarie e appare un po’ scettico sia sull’aumento dell’Iva che sulla corresponsione del Tfr in busta paga. «Sull’Iva e sul Tfr non ho preclusioni, ma l’Iva è già  la più alta d’Europa e il Tfr è una questione delicata che non si può affrontare in questo momento» dice il segretario del Pd, critico con la gestione del governo: «Siamo in una tempesta e la barca è senza timoniere». La patrimoniale, aggiunge il segretario del Pd, servirebbe «ad un piano immediato di piccole opere nei comuni e ai pagamenti della pubblica amministrazione a favore delle piccole imprese», mentre le Province «si potrebbero dimezzare o trasformare in organi di secondo livello».
Mentre Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, ne chiede l’abolizione totale. «Sui costi della politica c’è in giro troppa demagogia e poca serietà . Il governo ha proposto di abolire le Province sotto i 300 mila abitanti, creando paradossi come quello della Liguria, dove rimarrebbe solo la Provincia di Genova. Chiediamo alla maggioranza di fare un atto di serietà  abolendole tutte a partire dai primi rinnovi».
Anche nel Pdl c’è fermento. Il gruppo dei fedelissimi di Claudio Scajola incontrerà  la settimana prossima il segretario del partito, Angelino Alfano, al quale sottoporrà  tre proposte per emendare la manovra. L’aumento di un punto dell’Iva, che porterebbe tra 5 e 6 miliardi di euro l’anno, l’introduzione del quoziente familiare, se non altro per modulare il contributo di solidarietà  in base al numero dei figli a carico, una revisione della norma sulle Province che lascerebbe in vita quelle più piccole, trasformando le più grandi in «aree metropolitane». Anche il gruppo «Popolo e territorio», gli ex «Responsabili», è pronto ad avanzare le sue proposte di modifica della manovra. Silvano Moffa insiste per riaprire il capitolo delle pensioni di anzianità  e chiede un tetto allo stipendio di manager e parlamentari. La Confcommercio, intanto, si dice contro il Tfr in busta paga, la Cida Confedir-Mit chiede di togliere il contributo di solidarietà , mentre la Cgil ribadisce il suo no alla manovra e prepara lo sciopero generale.


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BARATRO FISCALE
Il fiscal cliff, il cosiddetto baratro fiscale è stato evitato da un accordo al Senato nella notte di San Silvestro e da un voto della Camera martedì ma ancora una volta si è potuto vedere quanto Obama sia un leader debole, disposto a fare concessioni di principio all’ultimo minuto pur di ottenere un risultato. I democratici presentano come una vittoria l’aumento delle tasse per chi guadagna più di 450.000 dollari dopo detrazioni e deduzioni (l’aliquota massima torna al 39,6% dell’era Clinton) e l’assenza dei tagli al welfare.

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