Niente supertassa, l’Iva non aumenta più tardi in pensione di anzianità 

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ROMA – Sette ore e quindici minuti ad Arcore per riscrivere la manovra bis. La quadra arriva, il testo originario chiamato a salvare il Paese dai mercati quasi non c’è più. Un certosino lavoro politico per permettere a ogni socio del governo di cantar vittoria. Berlusconi fa filtrare la sua soddisfazione, assicura che ora il governo andrà  avanti fino al 2013. Bossi lascia villa San Martino da una porta secondaria ma è Calderoli a comunicare al mondo tutta la soddisfazione della Lega. Perfino Tremonti si concede un «è andata molto bene». E ad Alfano – curatore dell’accordo insieme a Calderoli – dal partito viene riconosciuto un primo successo da segretario (mediatore) del Pdl. Nonostante gli attacchi dell’opposizione – dubbiosa su coperture e carattere strutturale della nuova manovra – ministri e parlamentari berlusconiani cantano vittoria. Perfino Crosetto, capo dei frondisti del Pdl. Nella maggioranza a criticare è solo il sudista Micchichè. Ma a tutti è chiaro che l’accordo è più politico che tecnico, con le coperture che scricchiolano. Tanto che per studiare e definire i dettagli per domani è stato convocato un vertice di maggioranza al Senato e giovedì è previsto un consiglio dei ministri. E Palazzo Chigi si dice «aperto al confronto con l’opposizione in Parlamento».
Bossi citofona a Villa San Martino alle undici del mattino scortato da Calderoli e Maroni. Berlusconi si fa trovare in compagnia di Alfano, Cicchitto e Gasparri. Per i Responsabili c’è Moffa. E ovviamente arriva anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, l’uomo che dal Pdl è stato maltrattato e messo nell’angolo per tutto il mese di agosto. Si discute, ci si confronta, in alcuni momenti anche aspramente. Poi Alfano e Calderoli si appartano e tirano le somme. Il vertice finisce alle sei e un quarto del pomeriggio.
Berlusconi ottiene di far saltate la supertassa, il contributo di solidarietà  che avrebbe colpito un suo bacino elettorale. La Lega ottiene una riduzione dei tagli agli enti locali. Ci rimetteranno due miliardi in meno. Non spariranno i piccoli comuni, ma dovranno accorpare i servizi tra loro e i loro consiglieri comunali. Ma i soldi per assorbire questi alleggerimenti non arriveranno dall’Iva, che resta ferma al 20%. Una vittoria di Tremonti, che quei soldi li vuole tenere per finanziare la riforma fiscale. Berlusconi l’Iva l’avrebbe invece alzata. Bossi, invece, deve sacrificare le province: saranno soppresse. Come voleva il premier, che lascia però questa riforma ad una lunga riforma costituzionale. Per si confida nell’effetto annuncio. Così come per il dimezzamento dei parlamentari: ci sarà , ma sempre con legge costituzionale. Per far cassa subito, invece, verranno colpite le cooperative, che vedranno sparire gli attuali «vantaggi fiscali». Mossa che potrebbe valere sui 350 milioni.
Ma il maggiore successo di Berlusconi è quello di far entrare il capitolo pensioni nella manovra. Non quella riforma strutturale che Ue, Bce e Confindustria gli chiedevano per convincere i mercati, ma pur sempre un segnale che qualcosa si fa. Così chi ha riscattato gli anni dell’università  o del servizio militare per andare in pensione prima perderà  questa possibilità : dovrà  comunque lavorare 40 anni effettivi, ma si vedrà  riconosciuto il riscatto nel calcolo dell’assegno. C’è infine il capitolo evasione fiscale: la Lega chiedeva una patrimoniale contro gli evasori. Proposta ridimensionata: resta solo il meccanismo per lottare contro le società  di comodo che coprono il nero.


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