“Le Coop promisero fondi per l’acquisto poi dissero che non avevano i soldi”

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MILANO – Imposte dai vertici del partito di Sesto San Giovanni come condizione «per compiacere la controparte politica nazionale», le cooperative entrano nell’affare della riqualificazione delle ex acciaierie Falck a costo zero. È stato Giuseppe Pasini – il costruttore sestese che ha accusato Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano e fino a nove mesi fa capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, di aver movimentato oltre 10 milioni di tangenti – a raccontare la trattativa tra il suo gruppo immobiliare, le cooperative bolognesi, Penati, all’epoca sindaco di Sesto, e il suo braccio destro Giordano Vimercati. Ora i pm della procura di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, vogliono vederci chiaro e interrogare a breve Omer Degli Esposti, il vicepresidente del Consorzio cooperative costruttori (Ccc), indagato per concussione.
È stato Luca Pasini, figlio di Giuseppe, a ricostruire in procura, il 21 marzo scorso, le fasi della vendita, dalle trattative fino all’accordo finale. «Fu Penati personalmente e insieme a Giordano Vimercati, nel corso dell’iter di approvazione del piano regolatore, a proporci l’opportunità  che il nostro gruppo acquisisse l’area». Un investimento importante, una superficie quantificata allora in 600mila metri quadrati. I Pasini ritennero «interessante» la proposta. «Soprattutto – continua Luca – quando ci fecero presente che la parte di edilizia residenziale convenzionata poteva essere affidata alle coop con le quali potevamo condividere i costi dell’affare». Fu durante la trattative che comparirono Degli Esposti e Giampaolo Salami, il consulente imposto dalla Ccc: «Le coop avrebbero garantito la parte romana del partito», avrebbe detto Vimercati e Pasini padre spiega come, cioè diventando «cessionarie di 300mila metri quadri dell’area». Fu Omer Degli Esposti a promettere a Pasini «che avrebbe costituito un fondo destinato appositamente all’acquisto di tale porzione di area. Una promessa non mantenuta, anche se Pasini ne ha sempre richiesto il pagamento. Le coop fecero intendere che non avevano la disponibilità  per pagare» e che tuttavia «il loro ingresso era condizione indispensabile».
Il passo indietro delle cooperative mette in grossa difficoltà  l’immobiliarista sestese. Secondo la ricostruzione della procura, Pasini chiede alla banca un aumento del finanziamento per sopperire al venir meno dei capitali delle coop, un passo indietro che si riverberò anche nei rapporti con Agnello (altro consulente imposto dal Ccc). A lui era destinata una provvigione pari all’1% e incassò «un milione di euro invece che due» per il mancato impegno delle cooperative. «Mi sono determinato a versare questo denaro – dice Pasini – perché non potevo contraddire le coop se non rischiando di affossare totalmente l’operazione, e questo perché le cooperative emiliane sono il braccio armato del partito». È così che, secondo l’accusa, vengono liquidate ai due consulenti indicati da Degli Esposti prima le quattro fatture da 620 mila euro l’una, poi un altro milione di euro, per un totale di circa 3,5 milioni. Una somma erogata per «operazioni inesistenti» insiste la procura, che alla fine sintetizza: «Stupisce come a fronte delle inadempienze del “socio emiliano”, Pasini riconosca loro il diritto a entrare in ogni caso nell’affare, senza chiedere corrispettivi né pretendere indennizzi, anzi pagando mediazioni inesistenti. La necessità  di compiacere la controparte politica nazionale è l’unica ragionevole spiegazione».
Ieri, mentre il gip Anna Magelli interrogava nel carcere di Monza l’ex assessore all’Edilizia Pasqualino Di Leva e l’architetto Marco Magni – entrambi hanno respinto ogni addebito – in procura veniva sentita Nicoletta Sostaro, responsabile dello sportello unico dell’edilizia, indagata per corruzione. La donna ha raccontato di aver preso cinquemila euro dall’imprenditore Piero Di Caterina per una pratica edilizia, ma di aver subito restituito il denaro, respingendo così ogni responsabilità  su presunte tangenti. La funzionaria ha anche riferito di una cena al ristorante A ‘Riccione, a Milano, a cui avrebbero partecipato l’assessore Di Leva, Giovanni Camozzi (gruppo Zunino) e l’imprenditore delle bonifiche Giuseppe Grossi. Una cena «interessante» per la procura, alla luce di altri interrogatori in base ai quali Zunino e Grossi, nei mesi precedenti all’acquisto dell’area Falck, nel 2005, tentavano di accreditarsi con la nuova giunta Oldrini. Incontri finalizzati – secondo il racconto di Piero Di Caterina – all’aumento delle cubature dell’area Falck: non i circa 600 mila metri quadrati acquistati da Pasini ma un milione e 300mila. Un obiettivo effettivamente raggiunto, secondo la procura, con il pagamento di una tangente da 710mila euro all’assessore Di Leva.


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