“Statuto dei lavoratori derogabile” al Senato è bagarre sui licenziamenti

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TORINO – La parte della manovra che riguarda il lavoro finirà  per portare alla deroga dei contratti e delle leggi, compreso lo Statuto dei lavoratori. Lo scrivono in una nota di accompagnamento alla Finanziaria bis i tecnici dell’Ufficio Studi del Senato. Il documento fa rapidamente il giro delle segreterie dei partiti e scoppia il putiferio. Perché gli esperti del Senato finiscono in questo modo per sposare le critiche dell’opposizione e dei sindacati che negli ultimi giorni avevano accusato il ministro del lavoro Maurizio Sacconi di voler introdurre quasi di nascosto quelle modifiche alle leggi sui licenziamenti che non erano passate in occasione del referendum per l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. «Se la destra vuole cancellare lo Statuto lo dica e non si nasconda dietro norme implicite», protesta l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano (Pd) annunciando che il suo partito «chiederà  con un emendamento l’abrogazione della manovra sui licenziamenti». Duro il commento dell’Idv di Di Pietro: «Quattro pazzi pericolosi vogliono abolire i diritti dei lavoratori».
Al centro della bufera è l’articolo 8 del decreto presentato da Tremonti per correggere i conti pubblici. Un articolo difeso nei giorni scorsi in conferenza stampa dal ministro Sacconi che aveva spiegato: «La manovra vuole rafforzare la contrattazione aziendale. Quest’ultima ha una capacità  compiuta anche in deroga ai contratti nazionali e alle leggi». Un concetto che ieri l’Ufficio Studi del Senato si è limitato a ripetere. Nella conferenza stampa del 13 agosto, il ministro aveva aggiunto che i contratti aziendali avrebbero potuto derogare alle leggi anche in materie come «le conseguenze dei licenziamenti senza giusta causa con l’esclusione del licenziamento discriminatorio o in prossimità  della maternità ». Proprio queste esclusioni dalle materie trattabili nella contrattazione aziendale, ha osservato ieri l’ufficio studi del Senato, fanno implicitamente ritenere che la contrattazione aziendale possa ora intervenire sulla rimanente materia delle conseguenze del licenziamento senza giusta causa. I licenziamenti senza giusta causa sono esplicitamente vietati dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e dunque un contratto aziendale che intervenisse sulla materia diventerebbe una deroga a quell’articolo. «L’articolo 18 resta vigente», aveva detto nei giorni scorsi Sacconi, rispondendo alle prime proteste dell’opposizione. Ma il fatto che rimanga in vigore non esclude che possa essere modificato in singole aziende da accordi con i sindacati.
Subito dopo la diffusione della nota e le polemiche che ne sono seguite, l’Ufficio Studi del Senato ha fatto sapere che il documento «è solo una bozza all’esame dei competenti uffici», ma difficilmente, una volta concluso quell’esame, gli esperti potranno giungere a conclusioni diverse da quelle del ministro. A conferma che l’interpretazione del Senato è corretta è arrivata la dichiarazione di un autorevole esponente della maggioranza, il sottosegretario Guido Crosetto: «Considero il fatto di poter licenziare liberamente un obiettivo da raggiungere prima o poi nel Paese: certi tabù, insomma, vanno abbattuti. L’interpretazione dell’Ufficio Studi del Senato non è una brutta notizia».


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