Binasco, la doppia caparra Intercettato anche Rovati

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MILANO — Una caparra immobiliare, concessa da Bruno Binasco (top manager del colosso industriale di Marcellino Gavio), e destinata a scadere il 31 dicembre 2010: sono i tre elementi al centro di una conversazione intercettata nell’ottobre 2010 tra Binasco e Angelo Rovati, ex consulente economico di Prodi all’epoca del suo governo di centrosinistra. Ma sono anche gli stessi tre elementi della caparra da 2 milioni lasciata scadere da Binasco il 31 dicembre 2010, nella quale i pm di Monza individuano la “maschera” di un finanziamento illecito fatto da Binasco al dirigente pd Filippo Penati, triangolato in ipotesi dietro una finta trattativa d’acquisto di un immobile del finanziatore di Penati, Piero Di Caterina.
Ovvia allora la domanda: la caparra di Binasco con scadenza 31 dicembre 2010, di cui parlano al telefono Binasco e Rovati, è la stessa caparra con scadenza 31 dicembre 2010 di Binasco a Di Caterina nell’interesse (secondo i pm) di Penati? Se così fosse, vorrebbe dire che la questione della caparra Binasco/Di Caterina/Penati era stata portata da Binasco all’attenzione di un personaggio che nella galassia del Pd, seppure senza più incarichi politici e nemmeno iscritto, certo non è un passante. Ma Rovati, interpellato ieri dal Corriere, smentisce si trattasse della caparra Binasco/Di Caterina, di cui assicura di sapere nulla. E spiega invece l’intercettazione con una straordinaria coincidenza: cioè con un’altra caparra di Binasco, avente la medesima scadenza ma riguardante un immobile venduto da Rovati a Binasco.
Il 13 ottobre 2010 l’intercettato è Binasco.
Rovati: «Ti volevo dire una cosa, che sennò mi dimentico sempre di chiedertelo».
Binasco: «Dimmi».
Rovati: «Il compromesso dell’immobile scade il 31 dicembre».
Binasco: «Sì, e va a chiusura».
Rovati: «Ecco per la chiusura allora, eh…facciamo il rogito prima del 31?».
Binasco: «No, ma lì non c’era il rogito, perdevamo caparra o no eh? Chiedo scusa».
Rovati: «E no, sì ho capito! Puoi avere le due opzioni, vabbé quando ci vediamo ne parliamo».
Stanno parlando della caparra perduta poi da Binasco verso Di Caterina (per Penati)? Il dubbio induce la Procura di Milano a ordinare l’intercettazione, seppure per un breve periodo, direttamente del telefono di Rovati, senza però che emergano contatti con Di Caterina.
Allora il dubbio resta? No, afferma Rovati al Corriere, «non so neanche chi sia Di Caterina». Invece «ho venduto a una società  del gruppo Gavio, di cui Binasco è esecutore, un immobile appartenente alla mia finanziaria, 800 mq nel centro di Bologna dove c’è un ristorante». In questa trattativa in effetti c’è stata «una caparra che Binasco mi ha rilasciato al momento del compromesso», anch’essa «con scadenza 31 dicembre 2010». Ma le coincidenze finirebbero qui, perché, a differenza dell’altra, «nel mio caso la compravendita è stata poi eseguita»: e cioè Binasco, quando è morto Gavio, ha scelto di comprare l’immobile e non ha perso la caparra, «che al momento del rogito questa estate è stata normalmente detratta dal prezzo d’acquisto saldatomi».
Per i pm monzesi la caparra Binasco/Di Caterina è peraltro indirettamente legata ai retroscena dell’operazione con la quale nel 2004 la Provincia di Milano presieduta da Penati acquistò a peso d’oro il 15% delle azioni della società  autostradale Milano-Serravalle detenute dal gruppo Gavio-Binasco, che così realizzò una plusvalenza di 179 milioni di euro, 50 dei quali investiti poi nella tentata scalata dell’Unipol di Consorte alla Bnl. E ieri proprio per la vicenda Serravalle i pm monzesi, dopo aver ricevuto giorni fa da Milano le carte di tutta l’inchiesta di 5 anni fa che sembrava avviata ad archiviazione, e dopo perquisizioni eseguite dalla GdF in società  di Gavio-Binasco, hanno fatto il passo formale di indagare Penati per l’ipotesi di corruzione. L’addebito si va ad aggiungere a quelli già  valutati in agosto dal gip che negò l’arresto di Penati: finanziamento illecito per la caparra 2008-2010 di Binasco (non prescritto ma con indizi non abbastanza gravi per l’arresto secondo il gip); e concussione per le tangenti 2000-2004 raccontate dagli imprenditori Pasini e Di Caterina, forti di «gravi indizi» ma derubricate dal gip da concussioni in corruzioni ormai prescritte. Lettura impugnata dai pm al Tribunale del Riesame, che deciderà  il 21 ottobre.


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