L’ITALIA CHE NON PENSA
L’attenzione al proprio corpo è un bene che ci ha permesso grandi miglioramenti nella salute e nella qualità di vita, ma che ne è stato della mente? Oggi pare si sfiori l’ossessione con diete, protesi, impianti di capelli e così via, ma dimentichiamo che la nostra età è l’età della nostra mente e che anch’essa va coltivata, sviluppata e difesa. Aprono palestre e centri fitness, ma teatri e librerie chiudono o sono in difficoltà . Invece il cervello, come i muscoli, va nutrito e allenato con la lettura, la riflessione, la meditazione e la scrittura. Fa bene a tutti, e non solo agli intellettuali, frequentare le mostre d’arte, gli incontri culturali e partecipare ai dibattiti. La nostra è una società dove si comunica molto, ma si dialoga poco, creando così le condizioni per l’isolamento e la solitudine, che sono alla base di ogni forma di sofferenza psichica. Ma se sviluppiamo la capacità di introspezione di noi stessi e di dialogo profondo con gli altri, possiamo andare al di là dei rapporti oggi per lo più fragili e mutevoli, che riducono la realtà al privato individuale, in cui è più facile perdersi.
Da secoli si discute fra sostenitori dell’origine ambientale e dell’origine endogena dei comportamenti. Io mi schiero per la prima ipotesi. Penso al cervello come a un pc in cui possono essere immessi dati validi o non validi, e questo database crea le condizioni che poi si traducono in atteggiamenti e atti. Naturalmente, rispetto ad un hardware, noi abbiamo geni e cellule specifiche per ogni individuo, per cui gli stessi dati si stampano su una matrice cellulare diversa, dando esiti diversi. Ma rimango convinto che la salute della nostra mente non è geneticamente e biologicamente determinata e quindi possiamo agire sulle cause e i fattori esterni che con essa interagiscono, per migliorare il suo equilibrio.
Da qui l’importanza della formazione culturale che non può essere soltanto un impegno individuale, ma deve essere un punto strategico dell’agenda dei Governi. In Italia abbiamo il 15% di laureati rispetto ad una media europea del 22,3%, e fra gli occupati nella fascia di età fra 25 e 35 anni, solo il 16% è laureato, contro una media Ocse del 32%. Non che una laurea garantisca capacità e successo professionale, ma la percentuale di laureati è indice di acculturamento e quindi promuovere gli studi universitari, aprire le porte ai ragazzi che vogliono formarsi e coltivarsi, significa dare importanza al vivere in una società colta. Se crediamo nel valore del sapere, ad esempio, non possiamo avere test di ammissione alle università che limitano genericamente l’accesso alle aree di studio, senza in realtà selezionare i migliori, o meglio, i più motivati. Il caso della facoltà di medicina è il più evidente. Del resto i risultati per la scarsa valorizzazione della cultura umanistica e scientifica, iniziano a mostrarsi. A fine agosto è arrivata la notizia da uno studio italo – olandese, che, per la prima volta dopo trent’anni, nel 2009 la produzione scientifica italiana ha smesso di crescere, anzi è arretrata sia in termini relativi, come percentuale dell’intera produzione mondiale, sia in termini assoluti, come numero di articoli scientifici pubblicati. Significa che le sperimentazioni, le scoperte, le nuove conoscenze prodotte all’interno delle nostre università e centri di ricerca si sono arenate. Ed è ovvio che senza ricerca e innovazione non ci può essere crescita per un Paese.
È fondamentale allora ri-orientarsi sulla “Mente, essenza dell’umanità ” e per questo abbiamo deciso di dedicare a questo tema la Conferenza di Venezia sul Futuro della Scienza, che si aprirà fra pochi giorni. Innanzi tutto chiediamo più ricerca sulle neuroscienze. Purtroppo dei meccanismi più profondi del nostro cervello sappiamo ancora troppo poco, per cui è necessario investire più risorse finanziarie e umane in questo campo. Capire come funziona la mente ci aiuterà a risolvere anche altri grandi enigmi nelle scienze naturali, nella medicina, nell’ingegneria, oltre ad un gran numero di problemi concreti della società . Ora stiamo iniziando a conoscere le connessioni fra neuroni e il loro linguaggio chimico, stiamo scoprendo la biologia della mente e l’organizzazione delle sue diverse funzioni; ma non siamo che agli esordi e i primi risultati ci confermano che ci troviamo alle soglie di un universo molto complesso e straordinariamente affascinante.
In secondo luogo ci auguriamo che un Convegno sulla Mente possa risvegliare un nuovo interesse per la sfera del pensiero. Faremo luce su come i prodotti della nostra mente si realizzano, come si creano i ricordi, le decisioni, i rimpianti, i sentimenti, le passioni, addentrandoci in territori ancora inesplorati di noi stessi.
Il nostro terzo obiettivo, forse il più importante, è creare nuove basi per combattere il disagio mentale: lo sviluppo della conoscenza è il fondamento più solido su cui costruire una politica di interesse socio-psicologico per l’intera comunità . Il disagio psichico coinvolge trasversalmente tutta la popolazione (in Italia secondo le stime riguarderebbe dieci milioni di persone, vale a dire un sesto della popolazione) ma lascia inevitabilmente esposti al rischio di sofferenza i soggetti e i gruppi più deboli: gli anziani, gli immigrati, i giovanissimi. La legge Basaglia ha fortunatamente chiuso i manicomi, ma i malati vanno seguiti e le loro famiglie sostenute. Va detto che reparti di psichiatria dei nostri ospedali sono ottimi, rispetto all’ampiezza e la complessità dei problemi; tuttavia la rete di servizi psichiatrici territoriali non è ovunque funzionante. Da ministro della sanità , nel 2000, ho organizzato un incontro su questo tema accogliendo le richieste delle famiglie disperate, costrette a bussare a mille porte prima di trovarne una che si apre.
Sono emerse tante proposte, ma in 10 anni non molto è cambiato. In questo tempo è cambiata invece molto la società italiana. È più complessa, più variegata e più globale, ma anche più disorientata, incerta e spaventata dal suo futuro. Un terreno ancora più fertile per la sofferenza psichica. Ci vuole allora un impegno nuovo, nuove strategie, nuove energie e nuove iniziative di risveglio culturale-scientifico. La Conferenza di Venezia offrirà un contributo importante in questa direzione.
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