Mosca: «Non infilatevi in una guerra civile»

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Figlio di un generale «eroe del lavoro socialista» nell’Unione sovietica, 47 anni, già  parlamentare e dirigente della coalizione nazionalista Madrepatria e presto forse di nuovo candidato alla Duma, Rogozin ha l’energia di un russo, la capacità  comunicativa di un politico americano e congegna le sue argomentazioni in modo da insinuare altri dubbi tra alcune titubanze europee. In qualità  di inviato speciale del presidente Dmitri Medvedev per i rapporti con la Nato sulla difesa antimissile, nei giorni scorsi è stato ricevuto da Giorgio Napolitano e ha cenato da Silvio Berlusconi. A entrambi ha chiesto di non assecondare le posizioni degli Stati Uniti quando possono comportare un sistema antimissile che tagli fuori la Russia e si contrapponga al suo potenziale nucleare. Al Corriere Rogozin ha riservato quasi un’ora per un’intervista.
Il suo Paese si astenne sulla risoluzione dell’Onu che ha permesso alla Nato di bombardare la Libia di Muammar el Gheddafi. Adesso che il Colonnello si trova in rotta, per voi chi è? Un criminale da catturare o la vittima di un complotto che però va aiutata sempre meno?
«Noi non avevamo illusioni su Gheddafi quando piantò la sua tenda al Cremlino. Però anche da voi la piantò, poi è stato definito un ragazzo cattivo. Noi sapevamo già  che lo era. L’Occidente deve scegliere che cosa vuole in Nord Africa e Medio Oriente. Si cominciò in Iraq con Saddam Hussein. Poi si è passati all’egiziano Hosni Mubarak: da amico degli Usa, è diventato un tiranno. Sì, lo era, e anche Gheddafi era un tiranno. Ma ora chi sarà  la forza motrice dell’Egitto? I Fratelli musulmani».
La sua tesi ha un’efficacia espressiva, tuttavia nelle richieste arabe di libertà  dei mesi scorsi hanno contato anche altri fattori oltre all’integralismo islamico.
«Tutta la “primavera araba”, checché ne dica Nicolas Sarkozy che l’ha definita un matrimonio tra Islam e democrazia, a noi sembra un matrimonio al quale non ci inviteranno».
Il problema in Libia è come garantire stabilità  quando, a combattimenti finiti, il Paese sarà  tutto sotto il controllo del Consiglio di transizione. Anche con soldati stranieri? Se sì, della Nato? Della Nato e della Russia?
«Nessuno deve mandarne. Nel Medio Evo esisteva una tortura terribile. Si rompeva un uovo su un occhio del prigioniero e ci si metteva un ragno sopra. L’animale mangiava l’uovo e non si accorgeva di quando entrava nell’occhio. Spesso succede anche a noi…».
Come, scusi?
«Nel 1979 noi russi mandammo in Afghanistan un contingente limitato e per poco tempo. Pareva potesse stabilizzare il Paese. Poi ci siamo trovati nell’occhio: non ci siamo accorti che eravamo intervenuti in una guerra civile. Appena la Nato lo lascerà , l’Afghanistan tornerà  come prima, e quelli (talebani e affini, ndr) avranno le barbe ancora più lunghe. Ma l’Afghanistan è lontano da voi, il problema lo lascerete a noi. In Libia sarà  vostro. Se non volete partecipare a guerre civili, non rifate il ragno».


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