“Latitante perché ho il terrore dei pm ma c’è una telefonata che mi scagiona”

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NAPOLI – «Ho un sacro terrore della magistratura. Una paura dannata. Per questo mi sono reso latitante e ho fatto bene: Tarantini è rimasto un mese in carcere, la moglie lasciato una figlia di due anni e adesso gli hanno detto scusa, non è successo niente. Da qui a poco tempo si dimostrerà  che anche io non c’entro niente. Avrei fatto la stessa fine anche io. La libertà  è come la vita, diceva qualcuno cui tenevo molto». Eccolo, Valter Lavitola, in diretta dalla latitanza, che cita una frase di Bettino Craxi mentre risponde alle domande di Enrico Mentana a “Bersaglio mobile” su La7.
Il faccendiere parla di tutto. Di Berlusconi, di alcune persone «intorno a lui che mi stanno antipatici e a cui non sto simpatico», della massoneria («mi sono iscritto a 18 anni e poi basta») e dei suoi rapporti di consulenza con Finmeccanica. «Avrei voluto che il premier mi nominasse suo diretto rappresentante in Centro e sud America, ma lui temporeggiava, allora forse anche per togliermi dalle scatole, mi fece partecipare a quel viaggio di Stato», a Panama, «perché mi dissi, beh, allora vediamo se sono capace di avere relazioni con i capi di Stati esteri… Ma poi, dopo la storia delle ballerine in Brasile, non se ne fece più nulla. Quando vidi che le mie passioni politiche non potevano essere soddisfatte, nacque questo rapporto con Finmeccanica. Perché fu il direttore commerciale, (Pozzessere, poi dimessosi, ndr), ad offrimi questa possibilità , allora quanto vorresti? Io mi buttai con 30mila euro l’anno più le spese e lui mi disse “affare fatto”, ma poi capii che, come diceva il direttore scherzosamente, mi aveva fregato perché c’erano centinaia di migliaia di euro per le consulenze».
Lavitola è all’estero dal primo settembre, inizialmente con l’accusa di aver estorto al premier Silvio Berlusconi il denaro destinato ai coniugi Tarantini, adesso, dopo la pronuncia del Tribunale del Riesame, perché sospettato di aver indotto Giampaolo Tarantini a mentire per tenere Berlusconi al riparo dal caso escort. «La mia difesa? Elementare», assicura e sostiene che l’ordinanza del Riesame, «si avvicina a un’ipotesi più realistica» dei fatti sotto inchiesta. È la stessa ordinanza, ma Lavitola su questo sorvola, che lo accusa di un reato in concorso con il premier e lo descrive come un uomo dalla «personalità  assolutamente allarmante», abile doppiogiochista e capace di delinquere «pur trovandosi dall’altra parte del mondo», che ha dimostrato «una personalità  assolutamente allarmante». Giacca blu, camicia bianca senza cravatta. Lavitola risponde alle domande di Carlo Bonini, Corrado Formigli, Marco Lillo e Marco Travaglio. E ritorna su una telefonata che, a suo dire, potrebbe scagionarlo. «È stata fatta dalla stessa utenza argentina usata con Tarantini ma non c’è traccia di questa intercettazione. Perché?». Quindi si sofferma su uno degli aspetti centrali della vicenda. «Le foto che chiedevo a Marinella (la segretaria di Berlusconi. ndr) erano soldi. Erano parte di quel rimborso di 500mila euro che avevo anticipato», si giustifica Lavitola. Ma così contraddice nettamente quanto emerso dall’indagine e confermato sia dalla memoria del premier sia dalle dichiarazioni di altri testimoni come l’avvocato Niccolò Ghedini. Secondo queste ricostruzioni infatti fu Berlusconi a consegnare a Lavitola il denaro destinato ai Tarantini ma in buona parte trattenuto dal faccendiere, così da provocare la reazione di Gianpi al telefono. Ora Lavitola rivendica: «Sono stato io ad anticipare quei soldi grazie alla vendita di due pescherecci in Sudamerica. Sono sì un filantropo. Ma non ho aiutato Tarantini per filantropia. Berlusconi mi aveva chiesto di occuparmi di loro e dargli quei soldi mi consentiva di togliermi dalle scatole questi due che mi assillavano e mi massacravano le biglie». Di Giampaolo e Nicla Tarantini, Lavitola parla come di «due ragazzi viziati che non avevano il senso della realtà ». E su Gianpi aggiunge: «È uno scapestrato, non un criminale. Anche un po’ fesso». Di se stesso Lavitola dice di essere un imprenditore del settore ittico e un giornalista. «Sono socialista, la gran parte dei socialisti riformisti sono migrati in Fi. Ho conosciuto Berlusconi quando era presidente del consiglio nel 1995, (Ma Mentana precisa: “Doveva essere il ’94 perché nel ’95 Berlusconi non era più presidente del Consiglio”)». E afferma: «Sono determinato e non soffro di timori reverenziali nei confronti di nessuno, questo è il motivo per cui sono inviso alla maggior parte dei collaboratori del premier».


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