“Una montatura della Bbc l’uccisione della giovane nel giugno 2009”

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Signor presidente Ahmadinejad, nota qualche differenza tra l’amministrazione di Obama e quella di George W. Bush in termini di opportunità  di dialogo tra Iran e Stati Uniti?
«Speravamo in differenze tangibili. Obama aveva promesso novità  a tutti i livelli. Molti sono rimasti delusi. Il dialogo deve svolgersi in una cornice di reciproco rispetto. Non possiamo minacciare qualcuno con un bastone per obbligarlo al dialogo. Obama ha dichiarato che è sua volontà  boicottare l’Iran tramite l’embargo. Non sono parole degne di un presidente. Noi siamo disposti a dialogare, in condizioni opportune, rispettose, giuste ed eque. L’interruzione dei rapporti diplomatici è stata voluta unilateralmente dagli Stati Uniti, non da noi».
È difficile pretendere il dialogo quando si ricorre a sotterfugi per occultare i propri programmi nucleari o si reprimono i dissidenti politici. Si direbbe che anche il suo governo abbia una parte di responsabilità .
«Non dico che le responsabilità  non spettino a entrambi. Tuttavia: chi dice che negli Stati Uniti la democrazia è più solida che in Iran? La popolazione è davvero disposta a perdere i propri figli in terre straniere per ragioni oscure? Nessuno può imporre la propria idea di democrazia a qualcun altro con la forza. Non siamo gli unici ad avere problemi. Gli Stati Uniti ne hanno molti più di noi. Tutti ne hanno. Mi si mostri un Paese senza macchia in materia di diritti umani».
A proposito di Paesi che qualche macchia invece la hanno, mi dica della Siria. Cosa dovrebbe fare il presidente Assad per far fronte alla rivolta?
«Le parti in causa devono dialogare. Giustizia, libertà  e rispetto sono diritti di tutti i popoli. Gli scontri non aiutano a risolvere i problemi. Li moltiplicano. Di certo i Paesi stranieri non devono interferire. L’intervento straniero aggrava i problemi, non li risolve».
Non vale forse anche per l’Iran? In seguito alla sua rielezione sono state uccise tra 100 e 200 persone e alcuni suoi rivali sono finiti in carcere. Lei stesso non si attiene ai consigli che rivolge ad Assad, non crede?
«La situazione in Iran era diversa e continua a esserlo. In totale sono morte 33 persone, più di due terzi delle quali appartenevano alle forze di sicurezza o erano innocenti passanti. Meno di un terzo si è scontrato con le forze di sicurezza e di polizia».
E cosa ha pensato quando ha visto la foto di Neda Soltan?
«Mi ha rattristato incredibilmente. Abbiamo le prove che si trattò di una messinscena e che la ragazza fu uccisa in un secondo tempo. Se la Bbc ci mettesse a disposizione tutto il filmato dall’inizio alla fine, lo analizzeremmo e faremmo delle ricerche per scovare i veri responsabili dell’uccisione di quella giovane donna. In un Paese dell’America Latina è accaduta una vicenda simile. Ad alcuni è stato detto: «Parteciperai a un breve filmato». E dopo che il video è stato girato, sono stati portati via e uccisi. Se la Bbc mandasse in onda il filmato nella sua interezza, chiunque potrebbe dire se ciò che affermo sia vero o no».
Come risponde alla percezione che lo stesso Iran mostri gravi lacune nel rispetto dei diritti umani?
«Il tema dei diritti umani non è un problema politico, ma umano. Negli Stati Uniti le persone sono forse tutte libere di fare ciò che credono? Non esistono forse delle leggi da rispettare? In Iran abbiamo delle leggi. E dei giudici. Esiste una magistratura indipendente, che non risponde a me. Se pure giungessi alla conclusione che un giudice abbia emanato un verdetto sbagliato, non potrei esercitare alcuna pressione perché la magistratura è totalmente indipendente dal governo».
Mi sembra che molti giovani in Iran siano scontenti delle difficoltà  economiche e della corruzione. Non teme di perdere il loro appoggio?
«Ciò di cui parla non corrisponde a realtà . Forse ad alcuni non piacerò. Sono liberi di pensarla come vogliono. Noi rispettiamo tutti. E lavoriamo per tutti. Tutti gli americani sono forse contenti di come vanno le cose negli Stati Uniti?»
Come immagina l’Iran da qui a vent’anni? Crede che si avvicinerà  all’Occidente?
«Sta suggerendo che dovremmo avvicinarci all’Occidente?»
Mi piacerebbe.
«Perché?»
Perché ritengo che una maggiore vicinanza tra Iran e Occidente favorirebbero la pace e il progresso a livello globale.
«La pace mondiale può essere raggiunta solo attraverso la partecipazione di tutte le parti coinvolte. Ma quando si tratta di interessi nazionali, è soprattutto in Occidente che si trovano gli ostacoli. Credo che nei prossimi vent’anni l’Iran sarà  un Paese molto progredito. E che l’Occidente, per proteggere i suoi interessi, cercherà  una riconciliazione con l’Iran. Mi permetta di ricordarle che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno imposto all’Iran delle sanzioni. E tuttavia, quale economia sta attraversando una crisi più profonda oggi, quella degli Stati Uniti o quella iraniana?»
Signor Presidente, la ringrazio molto per il suo tempo.
«Grazie a lei. Come vede in Iran abbiamo molta libertà . Non credo che avvicinare il suo Presidente e parlargli come ha fatto con me sia altrettanto facile. Ecco una differenza tra i nostri Paesi».
(© The New York Times – La Repubblica
Traduzione di Marzia Porta)


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