Il senatore «chiama» al riscatto «Torniamo ad essere una forza»

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ROMA — Dopo il pranzo di sabato una nuova visita a Palazzo Chigi. Per la seconda volta in due giorni Mario Monti e Silvio Berlusconi si incontrano per cercare un’intesa capace di far funzionare il futuro governo bipartisan. Ma i ruoli si sono capovolti: l’altro ieri il Cavaliere era ancora, a tutti gli effetti, presidente del Consiglio, ora è dimissionario mentre il neosenatore a vita è già  premier incaricato. E in meno di 24 ore è successo tutto: dalle manifestazioni sotto Palazzo Grazioli al messaggio televisivo di Berlusconi, dalle consultazioni al Quirinale all’importante discorso di Giorgio Napolitano che le ha concluse. Il quadro ora è più chiaro e forse un po’ più agevole giungere ad un accordo, anche se la strada per il nuovo esecutivo di larghe intese non sarà  certo in discesa.
Lui, il professore che la politica ha chiamato a risolvere una delle crisi più difficili nella storia del Paese, dopo aver accettato l’incarico, poco prima delle 20 ha pronunciato al Quirinale il suo primo discorso programmatico usando come parole chiave «emergenza», «riscatto», «responsabilità », «crescita», «equità  sociale». Per Monti l’Italia ce la farà  ad uscire dalla crisi, ma occorre che le forze politiche decidano di lavorare insieme. Ringrazia per primo il Capo dello Stato, poi parla subito di «momento di particolare difficoltà  dell’Italia, in un quadro europeo e internazionale turbato». C’è bisogno quindi di «riscatto: bisogna tornare a essere una forza e non una debolezza in un’Europa di cui siamo stati i fondatori». Occorre che gli sforzi delle forze politiche siano «indirizzati a risanare la situazione finanziaria, a rilanciare la crescita con attenzione all’equità  sociale». Avverte: «Lo dobbiamo ai nostri figli».
Il suo sarà , sì, un governo tecnico, ma arrivano subito le rassicurazioni per i partiti, che non avranno le mani legate: «Garantirò profondo rispetto sia al Parlamento che alle forze politiche» perché l’Italia è in una situazione di «emergenza» e «può superarla con uno sforzo comune». Promette quindi di svolgere rapidamente, anche se con grande attenzione le sue consultazioni: «Con senso di urgenza, ma con grande scrupolo». E si augura di tornare al più presto dal presidente della Repubblica per sciogliere la riserva. Era girata con insistenza la voce che Monti potesse consegnare già  ieri sera la lista del suo governo, ma è stato materialmente impossibile. Alla fine del suo intervento in Quirinale prende le distanze dal totoministri («le voci che sono circolate su tempi e nomi sono di pura fantasia») e fa capire la sua squadra definitiva uscirà  non prima di domani sera, alla fine delle sue consultazioni.
Ieri sera, oltre a Berlusconi, il premier incaricato ha fatto visita anche ai presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, mentre oggi alle 10 comincerà  il giro dei partiti a Palazzo Giustiniani, per terminare domani pomeriggio con le parti sociali. Proprio lì, sotto il suo ufficio che fu di Giorgio Napolitano, si è raccolta anche ieri una piccola folla per osservare da vicino questo politico-non-politico, ascoltare il suo cortese «buongiorno» e «buonasera», sentirgli dire, di fronte al sole che illumina il centro storico, «che bella giornata». Accorgersi più tardi del suo pranzo al Pantheon con la moglie, Elsa Antonioli, senza nascondere nulla, ma lontano dai riflettori. E captare ciò che ad un certo punto chiede alla scorta, stupito del continuo assedio di giornalisti e fotografi: «Ma dopo tutto questo finisce?».


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 Si sente dire che questo governo delle larghe intese sia il suggello di una promessa di riconciliazione tra forze politiche che per anni si sono contrapposte; in sostanza, di chiusura del ventennio belusconiano. Non semplicemente un governo di emergenza per rispondere alla situazione economica e sociale critica nella quale si trova il paese e per rimediare all’esito elettorale che ha prodotto uno stallo vero e proprio.

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