MANIFESTAZIONE, L’«OBBEDIENZA CIVILE» DI NAPOLI
Migliaia di cittadini sfileranno per le strade della Capitale per affermare la propria volontà di partecipazione, al culmine di una stagione politica che li ha visti troppe volte esclusi dai principali processi decisionali. Proprio i beni comuni (l’acqua in primis) e la democrazia partecipativa possono indicare una nuova rotta per uscire dalla tempesta, oltre la frontiera delle privatizzazioni e la degenerazione della rappresentanza.
Il ricongiungimento dei cittadini con beni direttamente funzionali al soddisfacimento di diritti costituzionalmente sanciti, nonché con i servizi ad essi collegati, può fornire una risposta alternativa di democrazia e giustizia sociale, in un tempo di crisi economica, energetica ed etica.
L’appuntamento odierno offre l’occasione per ribadire con decisione la volontà espressa da 27 milioni di italiani lo scorso giugno e sin qui disattesa dal legislatore (si pensi alla cosiddetta manovra estiva) e dagli amministratori locali, responsabili delle scelte in materia di servizi essenziali, quali il servizio idrico. Ed invero, in ipotesi di gestione del servizio idrico integrato affidata a società per azioni a totale capitale pubblico (come nel 50 per cento dei comuni italiani), la transizione verso forme di gestione formalmente e sostanzialmente pubbliche (come l’azienda speciale) rappresenta la più naturale conseguenza dell’esito referendario. È quanto ha fatto, all’indomani del 13 giugno, il comune di Napoli, trasformando Arin spa in Abc (Acqua bene comune) Napoli, azienda speciale con una governance partecipata (aperta, a vario titolo, alle associazioni ambientaliste, alle comunità di lavoratori e agli utenti).
Un percorso politico iniziato con la delibera di Giunta n. 740 del 16 giugno e proseguito poi con la delibera consiliare n. 32 del 26 ottobre di approvazione dello Statuto del nuovo soggetto giuridico, che pone Napoli all’attenzione nazionale, collocandola oltre le più avanzate esperienze europee di gestione del servizio (leggi Parigi). La forma giuridica dell’azienda speciale può considerarsi, allo stato attuale, la più idonea a garantire l’erogazione del servizio idrico integrato, attesa la peculiare attitudine di tale istituto a servire l’interesse generale (diversamente da modelli proprietari istituzionalmente votati al profitto, quali, ad esempio, le spa).
Auspico che da oggi parta un percorso condiviso, un patto tra tutti quei comuni italiani che gestiscono il servizio idrico in forma di spa a totale capitale pubblico (Milano, Torino, Venezia, Palermo e decine di altri capoluoghi) ad adeguarsi agli effetti giuridici del referendum. Contro la disobbedienza incivile istituzionale, parta una causa di “obbedienza civile”, cioè di armonizzazione alla sovranità popolare espressa per il tramite dello strumento offerto dall’art. 75 della Carta costituzionale, finalizzata a conseguire in maniera diffusa sul territorio nazionale i seguenti obiettivi: a) una gestione pubblica e partecipata dei beni comuni; b) una riduzione delle tariffe (eliminare la possibilità di “fare profitti” sull’acqua).
Soltanto in tal modo la collettività potrebbe riappropriarsi appieno della titolarità e della gestione di un bene comune essenziale alla vita ed espressione di diritti fondamentali (si pensi solo al diritto alla salute ex art. 32 Cost.), fino ad oggi sottratto alla sfera dell’interesse generale, in ossequio a logiche lucrative e predatorie.
*Assessore ai Beni comuni e democrazia partecipativa Comune di Napoli * Assessore ai Beni comuni e democrazi a partecipativa Comune di Napoli
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