Arte, cultura, Internet il potere delle idee tiene a galla l’Occidente

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LONDRA. Contano più i missili, i carri armati e i commandos, o la musica, il turismo e internet? Nell’era della globalizzazione, c’è un altro potere che si aggira per il mondo, oltre a quello “hard” delle armi: è il soft power, il potere morbido, seducente, quanto mai efficace, della cultura di massa, delle mode, delle innovazioni tecnologiche. E in questo campo il vecchio Occidente in declino continua a dominare il pianeta, mentre le nazioni emergenti, i nuovi padroni della terra, sono ancora sottosviluppati o comunque arretrati.
Il mensile Monocle, sofisticata rivista intellettuale londinese, propone così un nuovo ordine mondiale, che è poi quello a cui eravamo stati abituati sino alla fine del secolo ventesimo. Una classifica internazionale dei paesi che conquistano il globo non con la forza dei loro eserciti, e neanche con la loro potenza economico-politica, bensì con il fascino delle idee. In testa a tutti c’è l’America, gli Stati Uniti del cinema di Hollywood, del rock e di tutti i suoi figli musicali, delle mini-serie televisive tradotte in tutte le lingue, dell’iPhone, dell’iPad, di Facebook, dei computer Apple dello scomparso Steve Jobs e dei programmi di software scritti dalla Microsoft di Bill Gates. Segue al secondo posto la Gran Bretagna, che dai Beatles alla minigonna, dal teatro di Shakespeare all’inglese come lingua universale, è ancora un British Empire dal punto di vista dell’industria culturale. Al terzo c’è la Francia, che anche in questo settore è forse un po’ decaduta rispetto alla grandeur del passato ma ha ancora un formidabile capacità  di attrazione, con la sua arte, la sua moda, la sua gastronomia.
E poi via via tutti gli altri, in un elenco di paesi strettamente occidentali e quasi esclusivamente nordamericani o europei, con l’eccezione del Giappone (settimo) e della Corea del Sud (quattordicesima). L’Italia è al sedicesimo posto, caduta un po’ troppo in basso anche nel soft power rispetto a come potrebbe influire sul resto del mondo, dalle Ferrari al fashion, dalla cucina mediterranea ai capolavori del Rinascimento: Monocle osserva però che siamo un paese fortemente colonizzato dal punto di vista culturale, non produciamo più film (dove sono i Fellini, i Visconti, gli Antonioni?) la nostra televisione è tappezzata di serial “made in Usa” (quando va bene) o di telenovele sudamericane. È vero che riceviamo 43 milioni di turisti all’anno, ma potremmo accoglierne molti di più se le strutture fossero migliori.
E i paesi emergenti, quelli che secondo tutte le previsioni saranno le superpotenze economiche di questo secolo? Sono molto più indietro in graduatoria, arrivano dopo piccole nazioni come l’Austria, il Belgio e perfino la Nuova Zelanda. La Cina è al ventesimo posto, il Brasile al ventunesimo, l’India al ventisettesimo, la Russia al ventottesimo. Paesi arabi? Neanche uno. Di tutto il Medio Oriente, entrano fra i primi trenta solo la Turchia (23esima) e Israele (26esimo).
I criteri per comporre la classifica sono tanti: la ricchezza della cultura, le innovazioni tecnologiche, le pubblicazioni scientifiche, i premi Oscar e i premi Nobel, la qualità  dell’istruzione accademica e scolastica, i siti protetti dell’Unesco, i musei, la hit parade musicale, le medaglie d’oro olimpiche, ma anche il numero delle Ong, gli aiuti economici, umanitari e culturali dati all’estero, le produzioni televisive. Una giuria di giornalisti, docenti, intellettuali, ha analizzato i dati e prodotto la graduatoria. Il risultato più interessante è però globale: l’Occidente conta ancora qualcosa. Nessuno al mondo ha un soft power vicino al suo. Una notizia consolante, mentre euro e dollaro camminano sull’orlo del precipizio.


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