E i politici si ribellano al «clima da ghigliottina»

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ROMA — È rabbia, è scoramento, è senso di sconfitta. Perché, per dirla con Benedetto Della Vedova «qui c’è un clima da Rivoluzione francese. Quando cominciano a rotolare le teste è inutile stare a dire “ma io non ho fatto niente di male, lavoro seriamente e i sacrifici sono pronto a farli”: ormai, anche se guadagnassimo 500 euro al mese, sarebbero sempre troppi…».
Hai voglia a dire, come fa il capogruppo di Fli, che «se erano i soldi il mio obiettivo mi dedicavo ad altro», ed è altrettanto complesso far passare nell’opinione pubblica il senso di una rinuncia che il pdl Osvaldo Napoli snocciola carte alla mano: «Dal 2006 al 2011, tra mancati adeguamenti e tagli, gli introiti di deputati e senatori sono diminuiti di 5.250 euro mensili». Il concetto, a chi sta stringendo la cinghia e sa di dover aggiungere qualche buco nei prossimi mesi, proprio non va giù.
Per questo nessuno, nemmeno il pasdaran più sfrenato, si azzarda a dire no ad un taglio ulteriore all’indennità  dei parlamentari che andrà  pur compiuto. Certo, c’è chi come Pier Ferdinando Casini ne fa quasi una bandiera: «Chi più ha più deve dare. Entro il 31 dicembre, nei tempi stabiliti dal governo, ci devono essere i tagli anche per noi». Chi invece, come Andrea Fluttero del Pdl, per far capire che «esistono parlamentari seri e qualificati» che onorano l’incarico, prepara un «manifesto di impegno» da far sottoscrivere ai colleghi in cui si giura che si svolgerà  il proprio compito con la massima dedizione. E chi ancora, come il pd Eugenio Mazzarella, respinge l’idea che quelli di deputati e senatori siano «privilegi», predica la riduzione del loro numero ma chiede che «a quel punto vengano pagati almeno quanto un dirigente dello Stato di primo livello. Oggi sono pagati come dirigenti di secondo livello, cioè la metà ».
Insomma, non c’è bisogno di andare a cercare un infuriato come il pdl Guido Crosetto — che accusa la stampa di aver montato una polemica sul nulla con l’obiettivo di «far uccidere moralmente e fisicamente altri cittadini come loro che nulla hanno fatto di male se non essere eletti» —, o un provocatorio Francesco Giro, pure Pdl, che invoca «tagliateci anche la testa, no?», per cogliere delusione, sconcerto, abbattimento nei parlamentari di ogni livello e partito. E rabbia contro i media che hanno acceso i riflettori su di loro.
«La norma scritta dal governo era palesemente contraria alla Costituzione. Avremmo potuto lasciarla così com’è e sarebbe stata nulla e inefficace», protesta Lucio Malan, Pdl. «Se vogliono una classe politica di sciattoni, è una scelta che si può fare, ma mi sembra che un certo decoro ci debba essere anche di chi lavora in Parlamento», si lamenta il leghista Piergiorgio Stiffoni. E alla fine, a dare il senso del clima generale, ci pensa Giorgia Meloni. Che chiama direttamente in causa quel governo contro il quale un po’ tutti ce l’hanno: «In questo momento di grande attenzione sui costi della politica, sarebbe un errore se l’esecutivo si dimostrasse eccessivamente distratto sui grandi privilegi di cui ancora oggi godono le banche e molti cosiddetti tecnici…».


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