Lo stop del Quirinale al Pdl “Non potete chiederla in questo modo” e dice no alle elezioni anticipate

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ROMA — L’aut aut, o concedi la grazia a Berlusconi oppure dimissioni in massa di ministri e parlamentari con elezioni anticipate, è stato subito stoppato. Giorgio Napolitano, dal suo “rifugio” in Alto Adige, ha fatto capire a tamburo battente al Pdl che non è disposto ad accettare spallate: la porta alla fine anticipata della legislatura resta sbarrata. Schifani, dopo l’assemblea che ha lanciato l’ultimatum, lo ha cercato al telefono in albergo a Sesto per spiegargli la situazione e chiedergli un «incontro urgente» quando, probabilmente già da oggi, il capo dello Stato rientrerà a Roma dopo due settimane di ferie. Ma da Napolitano era già arrivato un primo schiaffo, attraverso una precisazione venuta dal Quirinale. Intanto, la richiesta di grazia non può essere avanzata da Schifani e Brunetta, è la legge a stabilire «quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda ». Lo stesso Berlusconi o un congiunto. Ma soprattutto ci sono dei criteri da rispettare, a cominciare dal requisito della buona condotta e del “ravvedimento”, condizioni che nel caso del Cavaliere con tanti processi ancora aperti difficilmente ricorrono. Poche parole ma che lasciano intuire anche tutta l’irritazione del Colle per l’improvvisa drammatizzazione scatenata dal Pdl. Piuttosto che assistere al crollo dell’operazione Letta, come ha lasciato intendere anche in interventi recenti, il capo dello Stato sarebbe perfino disposto a mettere sul tavolo l’arma dirompente delle sue dimissioni, come deterrente per far vivere il governo. Di fronte ad un avvitarsi della crisi politica «ne trarrei tutte le conseguenze » aveva già avvisato nel suo discorso di insediamento e poi anche alla cerimonia del Ventaglio, ed è una minaccia che resta in campo. Già irritato per il videomessaggio di Berlusconi (che avrebbe invano sconsigliato), Napolitano ha assistito con grande preoccupazione ieri all’escalation dell’offensiva condita, agli occhi del Quirinale, da una buona dose di improvvisazione.
Lanciare la minaccia dell’Aventino con il ritiro dei ministri e le dimissioni dei parlamentari, finendo dritti alla crisi del governo, è un aut aut che al Colle non piace per niente e non accetta. C’è subito dunque un primo no di Napolitano davanti al pressing del Pdl. Ai due capigruppo che hanno chiesto un incontro per la grazia il presidente fa rispondere con quella ufficiosa precisazione del Quirinale.
Insomma, la «sovrapposizione » fra le vicende giudiziarie di Berlusconi e il cammino politico, che Napolitano ha chiesto di evitare con cura per la sentenza della Cassazione, ecco che riesplode. Facendo così saltare quella linea «responsabile » fin qui tenuta dal Cavaliere e di cui lo stesso capo dello Stato appena due giorni fa aveva dato atto. Ma sul Colle guardano con attenzione alle varie voci all’interno del Pdl, alle colombe che in queste ore sia pure a fatica provano a uscire dal coro dei duri. E del resto la minaccia delle dimissioni di massa dei parlamentari, a parte la difficile realizzazione operativa, di per sè non è indolore per i peones del Pdl.


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