Il messaggio di Napolitano sulla «ripartenza» possibile

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ROMA — Sa bene che lo spirito dominante nel Paese è oggi di preoccupazione e pessimismo, umori che ha colto in tante lettere indirizzate al Quirinale, oltre che in incontri e viaggi recenti, da Milano a Napoli. E sa anche che, dopo la dura manovra imposta dal governo Monti per mettere in sicurezza i conti pubblici, adesso la gente si aspetta le promesse misure «di equità  e crescita». Per cui il presidente della Repubblica dovrebbe concentrarsi su questa doppia realtà  â€” in bilico, appunto, tra una grande paura e una voglia di nuova fiducia — nel suo messaggio di fine anno. Un testo ispirato dall’intento di rassicurare gli italiani, anticipando loro l’idea che una «ripartenza» è possibile per tutti (e in particolare per il partito dei «non rappresentati», giovani e donne senza lavoro e senza altri scudi di tutela), ma parlando in ogni caso quel «linguaggio della verità » che lui stesso da tempo raccomanda alla classe politica.
Il testo del monologo in diretta tv (che sarà  contenuto nella solita ventina di minuti scarsi) non è ancora scritto. La griglia degli argomenti invece sì, e l’hanno arricchita certi colloqui che Giorgio Napolitano ha avuto nelle ultime ore con diversi ministri e personalità  di rilievo in vari campi. Udienze che hanno visto sfilare nel suo studio, ad esempio, il responsabile per lo Sviluppo, Corrado Passera, e quello per l’Istruzione, l’università  e la ricerca, Francesco Profumo. Ma anche il titolare della Cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi, il sottosegretario a Palazzo Chigi, Carlo Malinconico, il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, e il presidente della Bce Mario Draghi.
Un monitoraggio attraverso il quale il capo dello Stato ha messo insieme un quadro d’informazioni utili a comprendere fino in fondo quanto è stretto il passaggio che l’Italia attraversa. In modo di avere gli strumenti per rivolgersi al Paese con qualche dato concreto — non un’agenda di proposte, che ovviamente spettano al governo — sulle emergenze che ci stanno davanti: dal Sud («Senza la cui ripresa non cresce neppure il Nord», ripete sempre) alla scuola, dall’occupazione alle carceri, dalla giustizia al Fisco alla questione morale. 
Sono temi che ha toccato ancora pochi giorni fa, al Quirinale, durante la cerimonia per gli auguri davanti alle Alte magistrature della Repubblica. In quella circostanza il taglio del discorso fu soprattutto istituzionale, con l’urgenza di fare chiarezza (e chiarezza l’ha fatta, Costituzione alla mano, con un aspro memorandum politico) sulla questione della «democrazia sospesa» sollevata da alcuni partiti e osservatori. Probabile che ci torni sopra, Napolitano. Stavolta in chiave prevalentemente sociale. Per ricordare ai cittadini da quale stagione politica veniamo («Una lunga e irriducibile contrapposizione fra i partiti, al limite dell’incomunicabilità … una distorta dialettica») e per spiegare che tipo di allarme sui mercati dovevamo spegnere. Subito, senza una paralisi elettorale e dunque con l’inevitabile sbocco di un governo «affidato a una personalità  fuori dalla mischia e già  sperimentata, di autorevolezza internazionale», cioè Mario Monti.
Insomma, il leit motiv sarà  questo: la crisi obbliga tutti, politici, forze sociali e gente comune, a uno sforzo straordinario e difficile. Bisogna accollarselo nella convinzione che non c’è alternativa ai sacrifici. Il presidente ne è consapevole, e tuttavia un po’ lo consola la risposta di «recupero d’orgoglio» che l’Italia ha dato durante questo 2011 di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità . Ha detto al «Corriere» alla vigilia di Natale: «Il Paese aveva visto offuscarsi la propria immagine, il proprio prestigio, la propria dignità … e la gente ha reagito».
Ecco: è su questa capacità  di «mobilitazione morale e civile», per noi stessi e per il nostro stesso ruolo in Europa, che dovrebbe far leva anche salutando questo annus horribilis.


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