L’agricoltura e la manovra la paura di perdere i primati

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MILANO — Prima in Europa quanto a qualità  e sicurezza. Prima per numero di imprese impegnate nel biologico, per numero di prodotti tipici (234 tra Dop e Igp), per ricchezza netta prodotta da ogni ettaro di terreno coltivato. Ma adesso prima, in questo caso in un confronto tutto nostrano, anche nella scivolata dell’Italia verso la recessione. Insieme alla caduta dei consumi l’agricoltura, primo settore del Paese (3,5% del Pil, 15 se si considera l’agroalimentare), ha iniziato a perdere pezzi e nel terzo trimestre 2011 ha registrato l’andamento congiunturale più negativo del valore aggiunto: meno 0,9%. Ma il dato Istat è solo l’ultimo registrato nel libro nero degli operatori del settore. Il primo è quello legato proprio alla manovra salva Italia che — stando alla denuncia di Confagricoltura, Coldiretti e Cia — per oltre il 10% andrebbe a gravare proprio sul mondo dell’agricoltura mettendo a rischio la sopravvivenza di mezzo milione di aziende sotto i 20 ettari. Ma anche vanificando gli sforzi compiuti negli anni da un settore che proprio grazie agli investimenti (in media 10 miliardi di euro l’anno) sulla tipicità , sulla sicurezza alimentare, sulla sostenibilità  ambientale e sull’innovazione ha mantenuto il segno più davanti ai propri bilanci.
Imu, caro-carburante, utilities varie: «Così com’è questa manovra brucia il 10% del valore aggiunto prodotto in agricoltura, innescando una vera emergenza sociale oltre che economica», ha messo in guardia la Confagricoltura. Sotto accusa, innanzitutto, l’incremento della base imponibile ai fini Imu ritenuto non equo. «In pratica viene attuata una duplicazione d’imposta sui fabbricati rurali il cui reddito era già  ricompreso in quello dei terreni, che per gli agricoltori equivalgono a mezzi di produzione». Gli incrementi di tassazione andrebbero dal 100 a valori record del 400%. «Per un aumento complessivo e insostenibile stimato in un miliardo di euro», afferma il presidente di Coldiretti Sergio Marini. «Un aumento che rischia di mettere fuori mercato — aggiunge il presidente della Cia, Giuseppe Politi — migliaia di aziende per le quali la terra così come la stalla o la cascina sono strumenti di lavoro».
L’ultimo censimento ha registrato un milione e 600 mila aziende agricole. Poco meno di un milione sono quelle iscritte alla Camera di Commercio: 13.600, dicono i dati di Unioncamere, si sono cancellate dall’inizio dell’anno (-1,6%). È forse anche per il calo degli occupati che è aumentato dell’11,4% il reddito pro capite degli agricoltori italiani in un anno, un reddito che è comunque inferiore del 10,9% rispetto al 2005 anticrisi (la media Ue 27 registra invece un più 18,3). A fronte poi di un export cresciuto solo del 3,8% (poco rispetto al 20,2 dell’alimentare) i costi di produzione delle aziende agricole sono cresciute del 4,3% nel terzo trimestre. «Solo per l’aumento dei prezzi del carburante sono stati sborsati 250 milioni in più», dicono dalla Coldiretti.
La paura ora è che per contenere gli effetti della crisi e poi della manovra qualche pezzo e primato dell’agricoltura italiana si perda per strada. «Perché la nostra agricoltura centenaria, tanto poco considerata dal mondo della finanza e dai padroni del vapore — punta il dito Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fondo per l’ambiente italiano (Fai) —, vuol dire tante cose: filiera corta, prevenzione contro i disastri ecologici, turismo e quindi occupazione». Filiera corta: secondo i dati della Coldiretti l’Italia può contare sulla più estesa rete in Europa di vendita diretta dei prodotti agricoli. Quasi seimila punti vendita, mercati e botteghe per un fatturato di 3,2 miliardi di euro. Biologico: le imprese agricole che si dedicano al biologico sono circa 50 mila su un milione di ettari, mentre in dieci anni i consumi sono raddoppiati (oggi sono a pari 3 miliardi di euro). Cura del territorio: con i loro 12,7 milioni di ettari «presidiati» gli agricoltori svolgono una preziosa funzione di salvaguardia. E ancora, turismo enogastronomico: l’Italia è al top di presenze con un fatturato stimato di 5 miliardi di euro.
«L’uso della terra da parte di un agricoltore è diverso. Oltre a tasse eque servono incentivi allo sviluppo e alla competitività », dice Mario Guidi, presidente di Confagricoltura. «Su tipicità  e sicurezza noi non siamo disposti a fare alcun passo indietro. Ma servono misure per premiare il nostro ben fare ed evitare un livellamento verso il basso della qualità  â€” aggiunge Marini —. Quanto ai prezzi di frutta e verdura non sarà  l’eventuale aumento del costo alla fonte (oggi incide per il 17%) a spostare la tariffa finale, ma la reazione della filiera tutta». Ne è convinto anche il presidente di Altroconsumo, Paolo Martinello. «In prospettiva per il 2012 ci si deve aspettare un aumento del 4-5% del costo dei prodotti agricoli. Qualche punto in più dell’inflazione. Ma non sarà  il costo dell’arancia in sé a fare la differenza». Come si è visto nel corso del 2011 saranno ancora una volta utilities e caro-carburante a incidere sul costo finale: «Per questo occorre puntare ora più che mai sulla filiera corta. S’è parlato tanto e fatto poco. Questo è il momento di fare di più».


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