Lo scienziato Hubert Reeves “Spiego le stelle ai miei nipoti”

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Hubert Reeves è un nonno spaziale. Ha passato la vita tra stelle, galassie e pianeti. Ora, arrivato alla soglia degli ottant’anni, ha deciso di raccontare quello che ha visto. Ha il volto cordiale e rubizzo incorniciato da una folta barba bianca. Sembra uno di quei Babbo Natale di certi cartoni animati per bambini che, dismesso il costume e il berretto rosso, si mettono in pantofole accanto al camino per leggere una storia. Nel caso di Reeves la storia del cosmo.

Nato a Montreal nel 1932, Reeves è un astrofisico molto noto sia in Canada che in Francia, paese dove vive attualmente. È stato membro del Consiglio nazionale delle ricerche canadese e consulente della Nasa. Per i suoi studi ha avuto l’onore di veder “battezzato” con il proprio nome un asteroide. Ora si dedica soprattutto alla divulgazione della scienza e il suo ultimo libro ha tutti gli ingredienti per catturare anche lettori che non amano cimentarsi con big bang e buchi neri. I grandi temi della nascita e dell’evoluzione del cosmo sono affrontati con un linguaggio estremamente semplice, grazie a uno stratagemma che Reeves rende esplicito sin dal titolo: L’Universo spiegato ai miei nipoti (Dalai editore, pp. 104, euro 9,90). Si comincia dall’incipit: «Nonno, quando ho detto ai miei amici che avremmo scritto insieme questo libro sull’Universo, mi hanno sommerso di domande da farti». «Per esempio?». «Quanto è grande l’Universo? Che cosa c’era prima del Big Bang? Arriverà  la fine del mondo? In che modo avverrà ? E poi: ci sono altri pianeti abitati? Credi agli extraterrestri?».
«Ho scelto di rivolgermi ai ragazzi di un’età  vicina ai quattordici anni. E anche, naturalmente, a tutti coloro che desiderano saperne di più sul nostro cosmo e sulla sua storia» spiega l’astrofisico canadese. «E l’ho fatto pensando ai miei nipoti: cosa desideravo raccontare loro di questo grande universo che continueranno ad abitare dopo di me? Come aiutarli a trasmettere a loro volta queste conoscenze?».
Quanti nipoti ha professor Reeves?
«Otto, con un’età  compresa tra i due e i ventitré anni».
E le fanno domande sul suo mestiere di astrofisico?
«Certo. Il libro, in particolare, è nato delle conversazioni serali con una mia nipote quattordicenne, mentre, d’estate, insieme guardavamo il cielo stellato. Ma tutti loro mi chiedono spiegazioni sull’Universo».
Quali sono le domande più ricorrenti?
«Dipende molto dall’età  dei ragazzi. I nipoti più grandi pongono interrogativi molto complessi: cosa c’era prima del big bang? Avrà  fine l’Universo così come lo conosciamo? Che cosa è che fornisce energia al Sole? I più piccini sono affascinati da temi diversi, ma altrettanto intriganti per uno scienziato. Per esempio: cosa mi succede se finisco in un buco nero? Esistono gli extraterrestri?».
È difficile rispondere in modo semplice a simili interrogativi?
«Esistono due tipi di difficoltà . Una riguarda il linguaggio. Se nella spiegazione uso tre parole che mio nipote non conosce, perdo immediatamente la sua attenzione, e addio. Quindi il primo segreto consiste nell’evitare una terminologia tecnica che crei una distanza tra la scienza e il pubblico. Bisogna coinvolgere i ragazzi parlando un linguaggio a loro comprensibile. Anche in questo caso dipende dall’età . Ma ho sperimentato che esiste una regola che vale per ogni pubblico: è facile catturare l’attenzione parlando di astronomia, ma è altrettanto facile perderla se si usano le parole sbagliate».
Come fa lei a scegliere le parole giuste?
«Mi immedesimo in un bambino di otto anni o di dodici. Cerco di ricordare come ero io a quell’età , quali termini avrei compreso e quali no».
E il secondo segreto?
«Non avere la pretesa di spiegare tutto. La scienza ha ancora molti misteri da risolvere. Se qualcuno mi chiede: esiste un “architetto” che ha progettato l’Universo, non posso dare una risposta scientifica. Posso però insegnare ai miei nipoti (e ai miei lettori) quanto sia importante avere un pensiero indipendente: non devono credere, ma capire. La scienza serve a questo».
Qualcuno dei suoi nipoti diventerà  scienziato?
«È possibile. Due di loro studiano all’università , gli altri ancora sui banchi di scuola, ma sono tutti molti interessati alla scienza».
Diceva dei tanti misteri che la scienza deve ancora svelare. Se uno dei suoi nipoti dovesse diventare un astrofisico quale mistero gli vorrebbe far risolvere?
«Ho la curiosità  dei miei nipoti più piccoli e non sono riuscito a soddisfarla in tanti anni di ricerca: siamo davvero soli nell’Universo?».


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