Maroni studia l’opa sulla Lega e scoppia la guerra con Bossi “Bobo vuole un suo partito”

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MILANO – «La guida del gruppo alla Camera non è in discussione, è meglio che Roberto Maroni si metta l’animo in pace e si impegni a combattere il governo Monti». È bastato un “vediamo”, sussurrato dall’ex ministro dell’Interno a Lilli Gruber l’altra sera in tv, a scatenare la reazione furibonda di Marco Reguzzoni, presidente dei deputati leghisti. Quel “vediamo” valeva come risposta alla domanda che da almeno un mese, e cioè dalla fine dell’alleanza tra Berlusconi e Bossi, tiene banco dentro e fuori il Carroccio: ce la farà  stavolta “Bobo” a prendere il posto di Reguzzoni e, soprattutto, a usare quella postazione per dare la scalata al movimento? Già , perché nella Lega il problema non è tanto l’avvicendamento al gruppo della Camera: ma la leadership. Che Maroni vorrebbe contendere a Bossi. Il Bossi che attacca Berlusconi (l’ultima: è una «pecorella» pavida), ma che con l’ex premier, come è ormai chiaro nella galassia maroniana, vorrebbe ricucire. Il Bossi stanco e malato che starebbe condannando la sua creatura politica alla marginalità . E che induce i fedelissimi di Bobo a studiare una sorta di Opa sul partito. 
Ecco perché l’iperbossiano Reguzzoni ha sganciato un siluro, proponendosi come fedele interprete del Bossi-pensiero: «Maroni voleva fare lui il capogruppo, ma è stato deciso diversamente». Sì, l’ha deciso il Capo, che per spiegare il suo “niet” ultimamente va ripetendo qualcosa che la dice lunga sullo scontro in atto nella Lega: «Maroni vuole farsi un suo partito». L’accusa è pesante, e molto ha a che fare con l’iperattivismo di Bobo. Che da “semplice militante”, come ricorda quasi con vezzo, sta girando con successo l’intero Nord, (oltre a occupare tutti i talkshow politici in tv). Milano, Monza, Como, Treviso, sale strapiene che inneggiano a “Bobo”, e lui che non perde un’occasione per mettere qualche puntino sulle “i”: dalla Lega che «deve cambiare pelle» e rendere più credibile il profilo della propria azione politica, all’opposizione che «va allargata», con un maggiore coinvolgimento delle realtà  produttive del Nord. Gli capita pure, spesso e volentieri, di fare il controcanto a Bossi e al cosiddetto “cerchio magico”. Su Berlusconi, per esempio: se per l’Umberto è una «pecorella», per Bobo è «un combattente». E poi sulla durata del governo: il segretario è convinto che non durerà  fino al 2013, l’altro scommette che Monti andrà  avanti fino alla conclusione naturale della legislatura (se così fosse, sarebbe pronto a chiedere la conta ai congressi della Lega ora bloccati). E non rinuncia all’idea di una nuova legge elettorale che possa finalmente sancire il divorzio definitivo dal Cavaliere. Obiettivi che tuttavia impongono una sorta di rifondazione leghista: con lui al comando. 
C’è pure il caso Tremonti. Maroni continua a vedere come il fumo negli occhi l’ipotesi che l’ex ministro dell’Economia trovi casa nel Carroccio. Ipotesi caldeggiata dal Senatùr. Ieri pomeriggio l'”amico Giulio” si è fatto vedere in via Bellerio, dove ha incontrato il segretario federale. C’erano anche Calderoli, Cota, e Giorgetti: non Maroni, che ha lasciato il fortino del Carroccio dopo un faccia a faccia con il Capo. Per “Bobo”, ma questa forse è solo una speranza, neppure Tremonti avrebbe una gran voglia di traslocare. Qualcuno, tra i suoi fedelissimi, si produce in commenti al curaro: «Tremonti nella Lega? Dovrebbe prima giurare fedeltà  alla Padania, voglio proprio vedere il presidente dell’Aspen Institute fare una cosa del genere…». E ancora: «Se viene da noi, dobbiamo prenderci anche Milanese?». Ma il fatto che l’ex titolare di via XX Settembre venga accolto in via Bellerio proprio all’indomani della nuova avance di Bossi, può essere un passo verso il suo possibile ingresso nella Lega. E questo Maroni proprio non lo vuole. Come non vuole tirare troppo la corda con Bossi. 
Sempre ieri, c’è stata una lunga chiacchierata tra i due. Maroni ha volutamente ignorato la dichiarazione di guerra di Reguzzoni e rassicurato il Capo: lui va dove la base lo chiama, sono iniziative della Lega e “non personali”, cose utili per i militanti “che ti adorano”. E sul capogruppo? Maroni adesso fa di necessità  virtù e cerca di convincersi che forse è meglio continuare la sua battaglia interna privo di galloni. Sarà  un caso, ma proprio ieri il “semplice militante” ha inaugurato un già  frequentatissimo profilo su Facebook: zeppo di incitamenti ad «andare avanti».


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