Si riapre la partita per i canali digitali lo Stato potrà  incassare fino a 5 miliardi

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ROMA – E ora è davvero possibile che Rai, Mediaset, Telecom o Tarak Ben Ammar vedano sfumare il loro regalo di Natale. Tra i più ingiustificati e inopportuni nella storia della televisione. Alla Camera dei deputati, sia pure tra rinvii e tentennamenti, il governo assesta un netto colpo di freno al concorso benefico che vorrebbe regalare 6 frequenze digitali (canali di primissima qualità ) agli editori tv del Paese. Concorso con finalità  umanitarie voluto dal vecchio governo.
UN’AZIONE A TRE
Il colpo di freno arriva nell’aula di Montecitorio, più o meno alle 18 e 27, quando il ministro per i Rapporti con il Parlamento Giarda si convince e dà  il via libera a tre ordini del giorno convergenti. I documenti chiedono, sia pure con toni diversi, che venga annullato per sempre il concorso di beneficenza. Firmatari Paolo Gentiloni del Pd, Roberto Maroni della Lega e Antonio Di Pietro dell’Idv. Solo mezz’ora prima, in verità , Giarda esita. Vuole che gli ordini del giorno siano messi in un angolo perché il governo possa discuterli. Ma Pd, Lega e Idv insistono, allora, perché si passi al voto in aula. 
IL RISCHIO DI INCIDENTE
Il ministro Giarda intuisce, così, che il governo viaggia verso il primo incidente parlamentare della sua breve vita. Avesse dato parere contrario agli ordini del giorno sulle frequenze – come era nell’aria – sarebbe stato battuto. E non solo. Alla Camera avrebbe preso corpo una maggioranza trasversale forte del Pd e di due forze di opposizione (come Lega e Idv). Meglio allora fare propri i tre ordini del giorno, sia pure a denti stretti, e scongiurare però un simile corto circuito politico.
VERSO L’ANNULLAMENTO 
Il concorso per le frequenze – quello del regalo, ribattezzato dai tecnici “beauty contest” – è politicamente morto. Il premier Monti e il ministro competente Passera dovranno decidere se tenerlo in vita (così sfidando la volontà  del Parlamento) oppure azzerarlo, come appare ormai probabile. L’attenzione del Paese è alta. Quattro associazioni (Vaaz, Popolo Viola, Articolo 21 e Move on Italia) hanno consegnato a Passera, giusto ieri, 130 mila firme per chiedere che le frequenze siano vendute al miglior offerente.
IL PRECEDENTE del 2000
Il governo Monti è autorizzato ad annullare il concorso benefico e a varare un’asta con rilanci dal precedente del 2000. Tra il dicembre 1999 e il luglio del 2000, il governo rese via via più stringente l’assegnazione di 5 frequenze per la telefonia Umts. Decise che le società  della telefonia avrebbero pagato un prezzo minimo per ogni frequenza (4 mila miliardi di lire) e che ogni rilancio, nell’asta, sarebbe stato di almeno 200 miliardi.
IL POSSIBILE INCASSO
Su quanti soldi il governo Monti possa incassare dalla vendita all’asta delle frequenze tv, i pronostici divergono. Il calcolo può partire da una base certa. Ad agosto, quando si è trattato di vendere un altro tipo di frequenze, quelle per i cellulari di quarta generazione, il governo Berlusconi ha fissato un costo minimo di quel bene pubblico. Base d’asta, 250 milioni di euro per frequenza. E da lì che Monti dovrebbe ripartire: 250 milioni anche per ognuna delle 6 frequenze tv (che fanno 1,5 miliardi di minimo garantito). Poi saranno gli editori interessati a rilanciare fin dove vorranno. Quota 5 miliardi non è un sogno impossibile.


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