A detenuto con 41bis negata visione di due canali Rai

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L’oscuramento parziale della tv ai detenuti in regime di detenzione speciale era stato disposto, il 29 ottobre 2010, da una circolare del Dap dopo che un’inchiesta aveva rivelato come la malavita organizzata comunicasse, con i propri affiliati in carcere, attraverso sms pubblicati in diverse trasmissioni tv di successo. Per il Dap la misura era necessaria per garantire l’elevata sicurezza interna ed esterna, “…con riguardo principalmente alla necessita’ di prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di’ appartenenza a di attuale riferimento…”.

L’avvocato di G.C. aveva chiesto la rimozione del divieto per i canali Rai Storia e Rai Sport. Nell’accogliere il reclamo, il 17 maggio 2011 il magistrato di sorveglianza sostenne che, nel caso di specie, la limitazione al diritto costituzionalmente garantito all’informazione non era supportata da una adeguata motivazione sulle ragioni per cui la libera visione avrebbe potuto rappresentare un rischio per la sicurezza mancando, in sostanza, ogni riferimento all’eventualita’ che i due canali potessero veicolare messaggi dall’esterno o far trapelare messaggi all’esterno.

Il pronunciamento implica che al detenuto G.C. fosse consentita la visione, oltre ai 7 canali consentiti anche di Rai Sport e di Rai Storia ma il ministero della Giustizia, pur non impugnando il provvedimento, ha disposto di non dare esecuzione all’ordinanza del magistrato di sorveglianza. Per questi motivi il detenuto ha presentato ricorso al Tar del Lazio mentre il magistrato ha sollevato il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. La vicenda e’ stata anche oggetto di una interrogazione parlamentare mentre la Commissione carcerazione speciale e diritti umani dell’Unione delle camere penali italiane ha diffuso un comunicato intitolato “Regime di detenzione speciale 41-bis: dalla tortura democratica, alla destabilizzazione dell’ordine costituzionale”.

“Al di la’ del merito della vicenda- ha scritto Marroni al ministro Severino- credo sia inopportuno che proprio il ministero della Giustizia decida di non dare attuazione ad un provvedimento dell’Autorita’ giudiziaria, a seguito di un procedimento nel corso del quale l’amministrazione stessa ha potuto contraddire le ragioni a sostegno della decisione assunta. Tale comportamento rischia di minare l’indispensabile fiducia nell’effettivita’ delle decisioni dell’Autorita’ giudiziaria, anche quando queste siano, per ipotesi, non condivisibili. A cio’ si aggiunga che la limitazione, oltre a non avere alcun concreto effetto in termini di riduzione del rischio di contatto tra detenuti e mondo esterno, appare particolarmente odiosa perche’ rivolta a detenuti gia’ sottoposti ad un regime detentivo inumano e degradante. Le chiedo pertanto di riesaminare la decisione del suo predecessore e di dare attuazione all’ordinanza del magistrato di sorveglianza di Roma”. (DIRE)

 

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