Come si scrive il dopo Monti?

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Ora che la Corte costituzionale ha eliminato dalla scena i referendum elettorali, qualcosa si muove nel centrosinistra. Ai partiti appare chiaro che il governo Monti, con qualche difficoltà , porterà  alla fine la legislatura. E che la legge elettorale Porcellum (disprezzata più in pubblico che in privato) reggerà  un altro giro. Così stando le cose, ieri Nichi Vendola e Antonio Di Pietro da una parte e Pierluigi Bersani dall’altra hanno fatto due passi. Convergenti. Hanno ricominciato a parlare di alleanza nel 2013 o per dirla con il presidente della Puglia hanno «riaperto il cantiere, necessariamente anche al Pd». Bersani, con una studiata intervista all’Unità , ha anticipato e insieme facilitato la mossa. Confermando che anche con il governo Monti in carica, anche se al momento sta marciando con il Pdl e ben accanto al Terzo Polo, la prospettiva del suo Pd resta quella di «un’alleanza di governo di centrosinistra, aperta anche alle forze civiche e ai moderati».
La strategia del segretario democratico e dei suoi alleati esterni al Pd, messa a punto in un paio di incontri in cui Vendola ha fatto da collegamento (i rapporti diretti tra Bersani e Di Pietro restano più difficili), punta a rovinare i piani di chi considera il governo dei tecnici la fine della storia del centrosinistra. Cioè a buona parte del partito democratico. La parte che insegue Casini, che ieri ha celebrato il centro-sinistra di Aldo Moro (immaginando il Pd nella parte della sinistra), che vorrebbe una nuova legge elettorale per tagliare le estreme. 
Viceversa il «cantiere» che Vendola e Di Pietro hanno riaperto presentandosi uno accanto all’altro a Montecitorio è «l’alternativa» per il paese, ma anche un’alternativa per Bersani per scansare il destino centrista. E conservare la guida del partito. È anche una nuova «foto di Vasto» (quella famosa dei tre leader alla festa dell’Idv), con Bersani che non potendo esporsi in volto ha mandato una dedica affettuosa. Una foto che Vendola vuole allargare «all’ossigeno della società  civile». E nemmeno chiudere pregiudizialmente all’Udc. Il leader di Sinistra ecologia e libertà  non vuole mettere «vincoli o paletti» e non dice no all’alleanza progressisti-moderati «se non è un suicidio per i progressisti e un incoronamento per i moderati». Tanto sa bene che Casini se ne terrà  alla larga.
Al centro del lavoro «per ridare al paese un governo politico», come dice Di Pietro, o «una speranza per il paese che deve diventare politica e programmi» come dice Vendola, i due alleati mettono la triade «lavoro-solidarietà -legalità ». Dopo Monti, spiega il presidente della Puglia, non è scongiurato per sempre il «ritorno al berlusconismo». Durante Monti, allora, i leader di Idv e Sel sono disposti a concedere qualcosa a Bersani che non vuole vedersi «pugnalato alle spalle». Il «cantiere», spiega Vendola, deve andare avanti «a prescindere dall’atteggiamento che si ha nei confronti del governo in carica». Mentre Di Pietro promette che non parlerà  più di «inciucio».
In concreto si tratta di riaprire quei «tavoli» del «nuovo Ulivo» (ma nessuno lo chiama più così) velocemente ripiegati allo spuntare del governo Monti. Lì i delegati dei tre partiti hanno ragionato per qualche mese del programma dell’alleanza, lì potrebbero tornare a farlo, concede Bersani, ma a patto che al centro ci sia «l’agenda delle emergenze». Cioè i problemi del governo Monti, al quale il Pd avrebbe interesse di tenere legata la sinistra. Ma Di Pietro e Vendola più di una non belligeranza non offriranno. Ancora ieri hanno ripetuto tutte le loro critiche all’esecutivo e il presidente della Puglia non si è fatto scrupolo di minacciare un fronte meridionale contro i tagli.
Come in una vera trattativa, i due leader riuniti hanno messo sul piatto tutto il loro peso. Se nel Pd dovessero vincere quelli che guardano al centro, o se con una nuova legge elettorale si cercasse di penalizzarli, hanno chiarito, «Idv e Sel insieme sono una coalizione di riferimento e insieme avranno la forza di resistere». I democratici pagherebbero un prezzo altissimo per la chiusura a sinistra. Idv e Sel dovranno però dimostrare di riuscire a convivere con le loro differenze, che dall’economia alla giustizia non sono poche. Nel frattempo Vendola lascia che sia Di Pietro a parlare di primarie – «ho fatto un voto di astinenza», dice – un argomento che a Bersani, si sa, piace pochissimo. Tanto da aver osteggiato, nella recente assemblea nazionale, la sola ipotesi che il Pd si legasse a quel sistema per scegliere i candidati nelle sue liste. Viceversa il segretario non avrebbe avuto alternative alle primarie per la scelta del candidato premier. Proprio ora che, Bersani ci conta, anche i suoi futuri alleati sono disposti a rinunciarvi.


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