Cosentino, la Camera evita l’arresto

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ROMA — Chi ha salvato (per la seconda volta) Nicola Cosentino dal carcere? Bersani punta il dito contro i leghisti, Bossi invita a stanare i presunti franchi tiratori del Pd, Maroni sprona a guardare in casa Udc. La libertà  per il coordinatore del Pdl campano è arrivata a voto segreto, quindi la verità  non la sapremo mai. Ma seguendo il filo dei reciproci sospetti si possono mettere alcuni punti fermi. La vecchia maggioranza si è ricompattata. Il dietrofront del Carroccio — dove la linea di Bossi («la Lega non è mai stata forcaiola») ha prevalso sul «basta ingoiare rospi» di Maroni — è stato determinante. E i Radicali hanno fatto la differenza numerica.
Se i sei deputati di Pannella avessero votato con il gruppo che li ha portati in Parlamento, cioè il Pd, Cosentino sarebbe finito a Poggioreale per un voto: 304 a 303. Invece i garantisti radicali hanno sentito odore di fumus persecutionis e hanno votato con Pdl, ex «responsabili» e leghisti ortodossi. «Il nodo è la Lega e il nodino sono i Radicali — commenta amareggiata Rosy Bindi —. Sono stati scorretti». Alle due il presidente della Camera, Gianfranco Fini, comunica l’esito della roulette russa che ha tenuto il Parlamento col fiato sospeso: 298 sì all’arresto e 309 no. Undici voti di scarto, un verdetto che scatena la caccia a traditori e franchi tiratori. L’esultanza del Pdl dice che il risultato arriva a sorpresa, dopo una notte di trattative che ha visto una cinquantina di voti cambiar di segno, a vantaggio del deputato sospettato di rapporti con la camorra. «Sono preoccupata», confidava a pochi minuti dal voto Daniela Santanché a La Russa e Verdini. Ma i timori dell’improvvisato capannello di crisi, così come le ansie dei tanti deputati che sottovoce pregavano («dopo Nicola può toccare a noi»), si riveleranno eccessivi.
Per due ore Cosentino tiene la testa china su un foglio bianco e, quando rialza gli occhi, quasi non ci crede. L’abbraccio di Alfonso Papa lo ridesta, i baci dei suoi lo stordiscono. E quando l’Aula si svuota Maroni resta nell’emiciclo contornato dai fedelissimi, non più di una decina. L’ex ministro ha reso evidente il suo sì all’arresto infilando nella pulsantiera l’indice e il medio della mano destra. Ma se nel voto su Papa lo seguirono in tanti, questa volta le proporzioni tra bossiani e maroniani sembrano essersi ribaltate. Su 56 votanti leghisti, ben più di metà  avrebbero contribuito a salvare Cosentino. «Almeno 25, forse 30…», stando ai conti di Luca Paolini. Al mattino, nella riunione in cui Bossi si riprende il gruppo con la linea della «libertà  di coscienza», la tensione è tale che il maroniano Roberto Dozzo quasi viene alle mani con Paolini.
Nel Pd, dove i voti segreti per Cosentino si contano sulle dita di una mano, è scontro con i Radicali. «È un’altra ferita», registra lo strappo il capogruppo Franceschini e allontana i sospetti dal suo partito: «I leghisti hanno calato le braghe di fronte al diktat di Berlusconi». Sarà , ma quanti sono i franchi tiratori nel Pd? «Si vergognino — si arrabbia Franceschini —. I nostri erano presenti al 99%».
Il fronte del sì alle manette, che in gran parte corrisponde alla vecchia opposizione, sfoga la sua delusione. Per Veltroni la salvezza di Cosentino è «uno schiaffo ai magistrati». Fini ufficialmente non commenta, ma i suoi lo descrivono «preoccupato» che i cittadini possano non capire una giornata in cui la classe politica si è compattata a difesa della propria impunità , mentre la sentenza della Consulta spazzava via un milione di firme referendarie.
Casini giudica gli applausi in Aula una «eutanasia del Parlamento» e respinge le insinuazioni piovute sui centristi, storicamente garantisti. Non è vero che mezzo gruppo Udc ha votato contro l’arresto? «I numeri sono chiari — smentisce il leader —. Per il Pd 198 deputati, per l’Udc 36, 22 di Fli, 21 dell’Idv e 7 dell’Api. La somma fa 284». E poiché i sì all’arresto sono stati 298, quel che Casini vuol dire è che «14 deputati si sono uniti» contro Cosentino. Il teorema sulla carta funziona, ma nel voto segreto la matematica è un’opinione. E se anche Mpa, Svp e liberali del Terzo polo come Antonione, Gava, Destro o Pittelli avessero votato per il no al carcere? E se avesse ragione Maroni? Se il contributo di centristi e democratici fosse stato più alto? L’unica certezza è il tabulato finale, che registra 22 assenti. Il non-voto di Bossi è stato strategico. Ma Tremonti, dov’era?


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