il Miracolo che può salvare l’Unione

Loading

Ora tocca all’Europa. L’estate scorsa, quando la crisi dell’euro sembrava ancora un problema valutario, ho avuto un colloquio con un politico italiano. Conveniva che le cose sarebbero giocoforza cambiate. Ovviamente Silvio Berlusconi non poteva durare in eterno. L’Italia non poteva certo continuare ad essere un paese ad alto debito e a bassa crescita e l’Europa a mantenere sistemi di sicurezza sociale insostenibili. Ma non sarebbe finita, diceva. Si sarebbe giunti ad un accordo, a un qualche compromesso sull’Europa e anche Berlusconi probabilmente sarebbe andato avanti, zoppicando. 
L’autore è direttore del settimanale “The Economist”Oggi la grande opportunità  per l’Europa sta proprio nel fatto che nessuno più reputa praticabile la via del compromesso. Nel 2011 la crisi dell’euro, da semplice problema monetario, è arrivata a mettere a repentaglio l’esistenza della stessa Unione Europea. Se l’euro dovesse crollare la sopravvivenza del mercato unico e della Ue sarebbe in forse. Al contrario, se l’Europa infine intraprenderà  la via della riforma, potrebbe fare il miracolo. 
Il problema immediato è ristrutturare la Grecia e costruire un sistema di sicurezza per isolare i paesi più solventi. Ma un paese chiave, forse il paese chiave, in questa drammatica vicenda è l’Italia. Troppo grande per essere oggetto di un salvataggio, troppo grande perché in sua assenza l’euro sopravviva. Il futuro dell’euro quindi, e forse dell’Ue stessa, potrebbe dipendere dall’Italia. L’Italia in realtà  è un esempio del potenziale latente dell’Europa. 
Il debito dell’Europa è, nel complesso, inferiore a quello americano e le finanze italiane non sono poi così disastrate. Il debito pubblico italiano sarà  anche tra i più alti del mondo (si colloca al terzo posto) ma il deficit di bilancio è in procinto di essere azzerato entro il 2013. E poi l’Italia, finalmente, ha trovato un leader rispettabile in Mario Monti e vanta un settore privato tra i più dinamici del continente. 
Ciò di cui l’Italia e l’euro hanno disperata necessità  è una crescita più rapida. Attualmente la crescita è frenata dall’atteggiamento sadomasochista del continente che punta tutto sull’austerity. L’iniziativa della Bce di iniettare liquidità  nel sistema finanziario ha aperto un’opportunità . Dato che i paesi più in difficoltà , Italia inclusa, non possono evitare i tagli al bilancio, la possibilità  di crescita in Europa potrebbe dipendere in gran parte dalla disponibilità  tedesca a promuoverla. A quanto pare Angela Merkel si sta lentamente muovendo in tale direzione. Ma per l’Italia in sé la via migliore è imporre le liberalizzazioni decise dal governo Monti. 
Un giorno la storia dirà  che il grande errore di Silvio Berlusconi fu la mancata liberalizzazione dell’economia attraverso riforme strutturali, con la conseguente cronicizzazione di un basso tasso di crescita e la perdita di competitività  dei prezzi. Solo lo Zimbabwe e Haiti hanno registrato una crescita inferiore a quella italiana. Nel decennio 2000-2010 l’Italia era l’economia europea a minor tasso di crescita, la produttività  era in calo e il costo del lavoro unitario è salito ben oltre i livelli tedeschi. Se il governo Monti saprà  invertire questi dati sarà  di esempio non solo per l’Italia, ma per l’Europa intera. 
Le riforme strutturali e l’ulteriore liberalizzazione sono una necessità  non solo nei paesi mediterranei ma in tutto il continente. L’Italia non è l’unico paese in cui i tassisti sono una categoria oggetto di eccessiva regolamentazione e i negozi hanno orari di apertura scomodi. Dopo tutto furono Germania e Francia a bloccare la direttiva Ue sui servizi voluta da Frits Bolkestein. Il rapporto dello stesso Monti alla Commissione Europea nel Maggio 2010 indicava l’urgente necessità  di una maggiore concorrenza nell’ambito dei servizi per portare a completa realizzazione il mercato unico europeo. È positivo che oggi Monti sia in grado di farsi promotore di questa istanza a Bruxelles. 
Un’Europa che sappia diventare un vero mercato unico sarà  un continente forte, certo non un continente in declino. Va dato atto alla Merkel e a Monti di aver compreso la necessità  di cambiamento. Molti altri si nascondono dietro alla tesi secondo cui il “liberalismo anglosassone” non è altro che un complotto per distruggere il modello sociale di sviluppo in Europa. A dire il vero, a ben guardare, gran parte delle proposte avanzate vanno in direzione opposta. Cos’ha a che fare con lo sviluppo la normativa spagnola sul lavoro, ad esempio, che porta il 40% dei giovani ad essere disoccupati? 
L’altra accusa mossa a noi liberali anglosassoni è che la nostra visione dell’Europa prevede sempre meno Europa. È parzialmente vero. Di certo personalmente non anelo ad una dose maggiore di burocrazia da parte del Parlamento Europeo. Ma bisogna anche guardare in faccia la realtà , e la crisi dell’euro non è stata semplicemente una crisi legata alla competitività  dei mercati. Ha assunto carattere istituzionale. E il prezzo da pagare inevitabilmente perché l’Europa sopravviva sarà  un futuro con più, non meno Europa, soprattutto per i paesi membri dell’eurozona. 
Non intendo con questo la piena unione fiscale, ma appare inevitabile un sistema di eurobond, emessi esclusivamente dai paesi che soddisfano determinati requisiti. Dal punto di vista tedesco solo così è possibile usare il bastone e la carota con i paesi dell’Europa meridionale. Comportatevi bene e avrete prestiti a basso tasso di interesse.
Un Europa più coesa sembra quindi inevitabile. Resta il difficile problema dei britannici, come dimostra lo sciagurato veto posto in dicembre da David Cameron ad un nuovo trattato a 27. Purtroppo molti britannici vogliono uscire dall’Unione Europea e molti europei, soprattutto a Parigi, ne sarebbero ben lieti. In realtà  uscire dall’Ue sarebbe una tragedia per la Gran Bretagna, e avrebbe risvolti negativi per l’Europa, perché implicherebbe un indebolimento delle forze favorevoli alla liberalizzazione, tanto necessarie all’Unione. La Merkel propende, giustamente, a mantenere la Gran Bretagna nell’Ue proprio per questo motivo. 
Se l’euro sopravvive sarà  forse inevitabile un’Europa a più velocità . Ma non dovrà  trasformarsi in un’Europa divisa, in cui alcuni sono trattati alla stregua di cittadini di seconda classe, che gli altri possono tranquillamente ignorare. Le tematiche legate al mercato unico e al sistema fiscale, dovranno essere affrontate come oggi da tutti e 27 gli stati membri, non tra i 17 dell’eurozona. 
Un’Europa del genere sarà  decisamente diversa da quella che esisteva solo un anno fa. Sarà  più integrata, ma anche più aperta e infinitamente più dinamica. Sarà  forse un’Europa un po’ più intransigente e più realistica e ci sarà  sempre chi rimpiangerà  i bei tempi in cui prestazioni sociali e redditi aumentavano inesorabilmente e i governi erano pigri. Ma quell’Europa non poteva durare per sempre. Doveva finire. Oggi più che mai l’Europa deve concentrare gli sforzi per costruire un futuro realistico, senza cullarsi nel ricordo di un passato irrealistico.
(Traduzione di Emilia Benghi)


Related Articles

Il caso Lusi spaventa i partiti Bersani-Casini: subito una legge “Sui finanziamenti serve la massima trasparenza”

Loading

L’Idv annuncia una proposta di legge: rimborsi dimezzati e solo a chi ha oltre il 2% dei votiIl leader Pd: serve la certificazione dei bilanci. L’Udc: si può fare in una settimana 

Le «riserve» del Quirinale Resta la via del ricorso

Loading

L’ipotesi di rivolgersi di nuovo alla Consulta E adesso che farà, il presidente della Repubblica? Si lascerà interrogare nel processo sulla trattativa Stato-mafia? Oppure dispone di qualche arma per opporsi alla richiesta della corte d’Assise di Palermo e vorrà magari usarla? Soprattutto: che cosa pensa della nuova coda di una vicenda — non soltanto giudiziaria — sulla quale si è fin qui giocata un’aspra e delicatissima prova di forza?

San Raffaele, tra politica e appalti tutti gli affari del faccendiere con Cl

Loading

Dieci società  riconducibili a Daccò. I rapporti con Formigoni.  I legami con l’ex assessore Simoni e l’attuale addetto alla Cultura Buscemi. L’ipotesi: riceveva denaro in contanti dal braccio destro di Don Verzè, il suicida Mario Cal  

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment