La Primavera Birmana

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I vecchi cavalli di frisia arrugginiti giacciono riversi sul lato della strada che costeggia il lago Inya di Rangoon, simbolo dismesso del sanguinario regime birmano. «Quando venni arrestato era uno dei miei incubi ricorrenti, e rivedevo in sogno i soldati coi fucili spianati dietro quei rotoli di filo spinato», racconta Ba Htoo Maung, 42 anni, undici passati in diverse carceri per aver partecipato alle rivolte studentesche domate nel sangue nel 1988.
Htoo dice che spesso continua a svegliarsi pensando di essere ancora in cella con le catene ai piedi, ma ormai gli succede sempre meno, e non lo assale più la paura e la rabbia mentre cammina lungo i marciapiede un tempo ricoperti di cadaveri dei dissidenti uccisi durante le manifestazioni di protesta. A Otto Miglia, dove si incrociano le due principali arterie cittadine, si fa largo tra la folla delle piccole traverse piene di banchetti odorosi di cibo piccante birmano, cinese, shan, per sfuggire ai boulevard trafficati come mai di nuove auto giapponesi per ricchi e vecchissimi veicoli che costano ancora un occhio della testa.
Sebbene non sia più una novità , a Ba Htoo fa ancora impressione vedere il volto della leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi riprodotto liberamente sulle magliette dei passanti. Anche al mercato colorato di spezie e verdure esposte a terra tra la polvere, si vendono decine di nuove riviste piene di foto della Lady con le notizie sulla sua candidatura al Parlamento.
«Finora i militari ci avevano sempre detto delle bugie, per questo nessuno di noi gli credeva più», commenta l’ex prigioniero politico, entusiasta di vedere invece i segni dei primi veri cambiamenti, come la liberazione di quasi tutti i suoi compagni lasciati per decenni marcire nelle celle.


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