L’oasi dei malati di Alzheimer nasce la città  dei senza memoria

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I detrattori, senza alcuna diplomazia, l’hanno già  battezzato Dementiaville. Sarà  il paese di malati di Alzheimer: una prigione dorata costruita solo per loro, a immagine e somiglianza della loro oscura malattia. Vivranno dentro un Truman Show con peluche, cavalli di legno, porte aperte e giardini a disposizione, anche se hanno ottant’anni. E invece che il camice bianco, i loro infermieri saranno vestiti da giardinieri, parrucchiere, commesse, come se fossero a una mascherata.
Il progetto è stato appena approvato e già  ha suscitato un forte dibattito: è giusto creare per i malati un mondo parallelo? Ed è utile questa ricerca di una finta normalità ? Serve ai malati credere che la realtà  sia quella che loro ricordano, cioè quella datata della loro giovinezza? Markus Và¶gtlin, l’imprenditore svizzero che ha destinato 20 milioni di euro alla nuova città , ritiene che questa sia la giusta risposta a un problema sanitario che è sempre più anche un dramma sociale. Se in Svizzera i malati di Alzheimer sono 100mila, nel mondo sono un esercito di 18 milioni di persone e in Italia i colpiti dalla sindrome della demenza senile sono almeno 600mila. Numeri destinati a crescere in tutto il primo mondo, con l’eccezione dell’India, dove l’incidenza è di un decimo rispetto a quella dei paesi sviluppati.
Il villaggio di Wiedlisbach potrà  ospitare 150 persone, distribuite a gruppi di sei nelle casette costruite in stile Anni ’50, a immagine e somiglianza di quanto già  esiste da tre anni in Olanda, ad Hogewey, nei sobborghi di Amsterdam, dove il ricovero costa cinquemila euro al mese e dove, secondo Và¶gtlin, che è andato a studiare quell’esperienza, gli anziani malati hanno trovato una risposta ai loro disagi. Lì – su YouTube numerosi filmati ritraggono l’interno di una giornata – sono stati addirittura costruite case di due tipologie, una di stile urbano e una country. Spesso, ha raccontato l’imprenditore al Tages-Anzeiger, la malattia li trasforma in persone stanche, svogliate e aggressive: «Là  invece – ha detto – ho trovato uomini e donne rilassati e contenti». Se hanno difficoltà  a ricordare il presente, mentre hanno una memoria ferrata sul passato, per farli sentire meglio basta insomma farli tornare indietro nel tempo. 
L’Alzheimer è una malattia degenerativa progressiva, causata dalla morte dei neuroni, cioè le cellule del cervello. Accade che non sia più possibile fissare nuove informazioni – neppure banali, tipo ricordarsi di avere bevuto il caffè, o di essersi lavati i denti, o di avere parlato con qualcuno – e che progressivamente l’unico mondo reale resti quello legato al passato. Se la fase iniziale è un lieve decadimento cognitivo, con amnesie che all’inizio possono attribuirsi anche alla vecchiaia, via via la malattia si trasforma in un pericolo, con il paziente che rischia di perdersi anche nella sua stessa casa, di finire sotto un tram, di lasciare aperto il rubinetto del gas, e che diventa apatico oppure aggressivo.
Spiega Elio Scarpini, neurologo del centro Dino Ferrari del Policlinico di Milano: «La gestione di un malato di Alzheimer è pesantissima, ma direi che più che gli aspetti architettonici è importante la preparazione del personale. Questo progetto mi sembra un po’ un’americanata, credo che i veri bisogni di questi pazienti e dei loro familiari siano altri. Più che creare un piccolo mondo dorato e finto, ha senso occuparsi dell’assistenza domiciliare». Brigitta Martensson, della Swiss Alzheimer Association, giudica il progetto di Wiedlisbach una buona cosa per le persone che vivono uno stato avanzato della malattia: «Vivere liberi in spazi riconosciuti – dice – consente di vivere senza ansia». Il Truman Show può iniziare. Anche se alla fine, in fondo, questa città  da Grande Fratello non è molto diversa da una grande clinica specializzata.


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