No Tav, retata nei centri sociali

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TORINO — Dallo zaino di un militante No Tav spunta un foglietto che vale più di mille parole. «Un interessantissimo appunto manoscritto», lo definisce la Digos di Torino. Tanto interessante da finire nell’ordinanza. È un manuale di resistenza e attacco sul quale sono annotati «i mezzi per resistere allo sgombero», cioè le «barricate mobili» e «invalicabili: filo spinato, massi, tubi, olio, tronchi d’albero, fuoco». Ma anche l’elenco degli «strumenti per assediare il cantiere». I «mezzi di difesa» tipo «maalox e limone, caschi, maschere, scudi, guanti», e i «mezzi di offesa» come «frombole, fionde, fuochi vari, laser». Sotto il titolo «tattiche di guerriglia» la nota parla di «squadre specializzate di scudieri, frombolieri, recupero lacrimogeni, fuochisti», nel capitolo «artiglieria» ci sono «catapulte, trabucco, lancia massi». Raccomandazione finale: «Si parte e si torna assieme».
Sembrano quasi regole di un gioco di guerra ambientato in un contesto in parte medioevale, sostiene l’informativa della Polizia. Che invece il 27 giugno e il 3 luglio 2011 diventano realtà . Sono i giorni più neri degli scontri in Val di Susa fra i manifestanti No Tav e le forze dell’ordine, quelli al centro dell’inchiesta chiusa ieri dalla procura di Torino: 21 persone in carcere, due agli arresti domiciliari, quindici con l’obbligo di dimora e tre (per le quali è previsto l’arresto) ancora da rintracciare. Lesioni aggravate, resistenza, violenza e oltraggio a pubblico ufficiale sono le accuse contestate, mentre la «pericolosità  sociale» e il «pericolo di recidiva» motivano la carcerazione, «poiché il movimento No Tav ha pubblicamente preannunciato ulteriori iniziative per contrastare i lavori e proseguiranno almeno altri due anni, quindi non avrà  fine, a breve termine, il contesto in cui gli episodi violenti sono maturati».
Arresti eccellenti
Nell’elenco delle persone finite in carcere c’è l’ex brigatista Maurizio Paolo Ferrari, modenese che vive a Milano dal 2004, l’anno in cui fu scarcerato dopo trent’anni di cella. «Il 3 luglio lanciò pietre, bombe carta e razzi di segnalazione causando lesioni ad otto agenti», lo accusa il giudice delle indagini preliminari Federica Bompieri. E’ stato riconosciuto tramite confronti e ingrandimenti di un sopracciglio. Era stato fotografato a volto scoperto la mattina del 3 luglio e in serata, con lo stesso abbigliamento, a volto coperto mentre partecipava agli scontri. Gli arresti sono stati eseguiti in una ventina di città . Molti nomi noti dell’area antagonista e anarchica di Torino e Milano, alcuni leader storici di centri sociali come Giorgio Rossetto cinquantenne capo indiscusso del centro torinese Askatasuna. Fanno scalpore alcuni nomi che rimandano a un passato lontano, come quello di Antonio Ginetti, 60 anni, pistoiese, ex Prima Linea, militante da sempre nella sinistra antagonista. E per discendenza parentale quello di Stefano Latino, figlio di un terrorista arrestato nell’ambito dell’inchiesta milanese del 2007 sulle nuove Br. Giancarlo Caselli però è stato chiaro. «Il terrorismo non ha niente a che vedere con i fatti pur gravi di cui ci stiamo occupando». Il procuratore capo di Torino ci ha tenuto a dirlo in maniera netta: il movimento No Tav non è la fucina di un ritorno all’eversione. 
Identificati
I provvedimenti riguardano solo persone riconosciute nell’atto di partecipare agli scontri. Nessuna organizzazione a delinquere, questa la strada scelta dalla procura e dal gip, soltanto singole responsabilità , ricostruite mediante riconoscimento fotografico, in una giornata terribile come quella del 3 luglio. Nell’elenco dei nomi spicca quello del consigliere comunale di Villar Focchiardo, Guido Fissore, 67 anni, molto conosciuto in valle per la sua attività . Il 27 giugno era tra i militanti che presidiavano l’area di Chiomonte destinata a diventare cantiere della Torino-Lione, la cosidetta Libera repubblica della Maddalena. Era in convalescenza dopo una frattura, girava con le stampelle e un ispettore lo ha riconosciuto proprio come il «soggetto con barba e capelli bianchi che, impugnata una stampella bianca, colpiva a più riprese gli operanti» nella zona della centrale elettrica. 
Strategie d’azione
La violenza degli scontri del 3 luglio è conseguenza diretta dello sgombero «mal digerito» della libera repubblica della Maddalena. Nelle 238 pagine dell’ordinanza tutto ruota attorno al concetto di una vendetta ben preparata dove nulla viene lasciato al caso, neppure l’intensità  del confronto. «Che i violenti scontri con le forze dell’ordine non sono stati estemporanei lo evidenzia, oltre all’organizzazione in loco, anche l’equipaggiamento che non è certamente frutto di improvvisazione e che al contrario è elemento fortemente indiziante». Nell’informativa richiamata dall’ordinanza di custodia cautelare si legge: «Il movimento No Tav ha fatto registrare nel tempo una mutazione delle proprie caratteristiche sia quantitative che qualitative». Dalla protesta si è passati in alcuni casi ad «aggressioni alle forze dell’ordine, danneggiamenti, intimidazioni e minacce a giornalisti o persone non allineate alle posizioni No Tav, azioni para-terroristiche».
Complicità 
La commistione tra valligiani e militanti giunti da fuori ha prodotto la nascita di un nuovo soggetto. Le giornate di lotta si sviluppano «sotto il sapiente e collaudato coordinamento di aggregati antagonisti locali», che sono «particolarmente abili nelle pratiche di opposizione antisistema anche violenta». Ma nel tempo — scrive il giudice — questa palestra antagonista «ha fatto maturare ed emergere, negli stessi valligiani già  asserviti alla causa No-Tav integralista, atteggiamenti antisistema di forte rifiuto e contrasto verso le istituzioni e l’autorità  dello Stato». Gli scontri del 27 giugno e del 3 luglio hanno avuto picchi di violenza che non si vedevano da molto tempo. Le carte delle indagini che ripercorrono gli assalti subiti dalle forze dell’ordine al cantiere di Chiomonte, restituiscono la realtà  dei fatti. «I protagonisti degli incidenti si sono avvantaggiati delle difficoltà  operative e della posizione di favore per attaccare forze dell’ordine e maestranze che operavano su macchinari. Vi è stata una manifesta perdita di ogni freno inibitorio nei prolungati periodi in cui, dall’alto, sono stati lanciati pesanti estintori, grossi pali in legno, sassi, su poliziotti e carabinieri che, vinta la resistenza della barricata, risalivano faticosamente la china che porta verso l’area del Museo Archeologico. I numerosi feriti testimoniano della gravità  dei comportamenti di chi, in un delirio violento, ha voluto o, nella più generosa delle improbabili ipotesi, non può non aver previsto le più gravi conseguenze del proprio agire». Gli arresti hanno generato proteste a Genova, Milano, Roma. L’intera area antagonista è in ebollizione. E domani è in programma una manifestazione No Tav a Torino, la città  che rischia di diventare epicentro di ogni tensione.


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