QUEL CONTADINO CHE PUà’ SALVARE LE NOSTRE TERRE

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Il Manifesto per la Terra e per l’Uomo di Pierre Rabhi risale al 2008 e adesso è uscito in Italia. Soprattutto in Francia e in Africa, Rabhi è una delle figure più carismatiche per i movimenti ecologisti, dell’agricoltura biologica e biodinamica. Forse è un po’ meno conosciuto da noi, al di là  delle sempre attente reti ambientaliste, anche perché le sue pubblicazioni in Italia sono piuttosto rare. Ciò non toglie che sia una figura straordinaria, e che questa traduzione che esce per i tipi di Add Editore (pagg.169, euro 15) ci consenta di avvicinarci più agilmente alla sua visione del mondo e della vita. Prima di parlarne però è bene partire dalla sua storia. Nato nel 1938 in Algeria Rabhi perde presto i genitori e viene adottato da una coppia francese. Passa gli anni della sua prima formazione a Parigi dove, più che le scuole, frequenta le fabbriche, luoghi che gli forniscono materiale buono per le sue prime profonde riflessioni sulla natura dell’uomo. Poi, negli anni ‘60, decide di trasferirsi in campagna con la moglie, e precisamente ad Ardeche, nel Sud Est della Francia, in un territorio piuttosto difficile dal punto di vista agronomico, che tuttavia non scalfisce la sua capacità  di abbracciare e favorire la vita. Anzi, le difficoltà  del territorio diventano uno stimolo. Si avvicina presto, nei primi ‘70, alle teorie di Steiner e Pfeiffer sull’agricoltura biologica e biodinamica, e lentamente trasforma la sua piccola fattoria in quella che lui stesso oggi definisce “un’oasi di vita”. 
Intanto si occupa di viaggiare e insegnare ai contadini, soprattutto quelli africani e di zone povere del pianeta, quella che anche lui definisce “agroecologia”: un modo semplice, armonico con la Natura, per far fruttare i terreni senza depredare risorse e riconquistare la propria sovranità  alimentare; per nutrirsi coniugando le proprie esigenze con quelle dell’ambiente e nel frattempo circondarsi di bellezza. Un fattore, quest’ultimo, che va ben al di là  della semplice questione estetica (e per questo rivoluzionario), decisivo in tutte le sue riflessioni, molto alte e molto comprensibili allo stesso tempo. La popolarità  nella sua terra adottiva cresce molto negli anni, al punto che nel 2002 rischia seriamente di candidarsi all’Eliseo: un contadino Presidente, sarebbe stato un bel sogno, ma gli ostacoli in quel caso erano davvero insormontabili. 
Quest’aneddoto sulla sua vita non tragga in inganno: Rabhi è e resta un contadino, e come tutti i veri contadini ha un modo di pensare animato da un amore quasi fisiologico per la semplicità . È assolutamente guidato da quel buon senso che, pur se molto immediato in chi lo pratica con convinzione, è in realtà  uno dei modi di ragionare più complessi che si possano immaginare: tiene conto delle connessioni nascoste attorno all’io ed acquista potenza in maniera direttamente proporzionale alla complessità  che abbraccia. Da qui scaturiscono parole pienamente condivisibili, che nella prima parte del libro, dedicata alla Terra, forse non riveleranno nulla di nuovo a chi frequenta queste tematiche, ma sono espresse con una linearità  e un’immediatezza che rendono lo strumento, la forma di manifesto, quanto mai utile ed efficace. 
Si va ancor più in profondità  nella seconda parte, con tema umanesimo, che ci parla della necessità  di una profonda rivoluzione delle coscienze per cambiare paradigmi, in particolare a partire dalla comprensione e dalla ricerca della bellezza. «Può la bellezza salvare il mondo?» si chiede retoricamente Rabhi, e si capisce che il suo incanto di fronte all’armonia della natura non è semplice rapimento poetico, ma è struttura, programma politico, comprensione del complesso, del nascosto, rispetto per la delicatezza dei sistemi ecologici ma anche tributo alla grandezza che possono ancora esprimere i contadini su questa Terra tanto bistrattata. Il messaggio che bellezza, piacere o paesaggio siano i veri presupposti per un’ecologica gestione della cosa umana non è ancora del tutto compreso oggi: mentre si risvegliano tante coscienze ambientaliste, il bello e il buono purtroppo restano spesso dei tabu, confusi con un lusso per pochi. Devono invece essere la norma per tutti, a partire dalla loro più immensa semplicità , se vogliamo che la qualità  della vita diventi qualcosa di reale, piuttosto che una buona intenzione ripetuta all’infinito.


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