Grecia, il salvataggio Ue con 130 miliardi

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ROMA – È il giorno della verità  per la Grecia. Nel pomeriggio i ministri delle finanze della moneta unica (Eurogruppo) si riuniranno a Bruxelles per l’ennesimo tentativo di sbloccare i 130 miliardi di aiuti destinati al salvataggio di Atene. Dopo settimane di stalli Ue e di tumulti in piazza Syntagma si respira ottimismo: «Si sta andando verso l’accordo», afferma il ministro delle finanze austriache Maria Fekter. Ma il premier greco Papademos invita ad «aspettare» prima di cantar vittoria. Arrivato di sopresa ieri pomeriggio a Bruxelles, oggi potrebbe accompagnare il ministro Venizelos all’Eurogruppo come chiesto venerdì dal duo Merkel-Monti. 
Dopo le misure approvate otto giorni fa dal governo di Atene, sul tavolo dell’Eurogruppo restano alcuni nodi e non sono del tutto superate le pretese politiche dei falchi rigoristi ridotti alle sole Olanda e Finlandia. La Merkel dovrebbe aver convinto gli oltranzisti del ministero delle Finanze di Wolfgang Schaeuble che «i rischi di un fallimento della Grecia sono troppo alti». Parole che la Cancelliera ha usato venerdì in teleconferenza con Papademos e Monti (che già  lo pensava da tempo). Lo stesso Monti questa mattina sarà  a Milano per incontrare l’élite di Piazza Affari proseguendo il lavoro di persuasione sulla ritrovata affidabilità  del Paese avviato nella City di Londra e a Wall Street. Poi, come titolare del Tesoro, volerà  all’Eurogruppo. A Palazzo Chigi si respira ottimismo sulla possibilità  di accordo sulla Grecia pur senza sottovalutare i colpi di coda dei falchi nordeuropei. Per Monti è decisamente «opportuno» chiudere perché ogni rinvio rende più nervosi i mercati: se dopo tre mesi di governo tecnico Roma si sente meno esposta al rischio contagio di un eventuale default ellenico, non si sottovalutano le «inimmaginabili» ripercussioni di un evento che rischierebbe di affossare Portogallo e Irlanda e di riportare Italia e Francia al centro delle turbolenze. 
Posizione sulla quale Monti ha portato la Merkel, che nel fine settimana ha lavorato ai fianchi i leader di Olanda e Finlandia (Rutte e Katainen) perché ritirino le richieste politiche più estreme per dare il via libera agli aiuti per Atene. Come quella di chiedere il rinvio delle elezioni di aprile: una scelta che tutto sommato a Monti non dispiacerebbe – lo ha confidato mercoledì scorso a Strasburgo a Martin Schulz – ma che ritiene intollerabile venga imposta dall’Europa. «Meglio un’opera di persuasione da parte delle famiglie politiche Ue», riassume l’eurodeputato pd Roberto Gualtieri.
Intanto i tecnici lavorano ai dettagli per sbloccare gli aiuti. Con il peggioramento dei conti si devono trovare altri 5,5 miliardi da aggiungere ai 130 già  previsti per portare il debito di Atene dal 160% al 120% entro il 2020. Si pensa al taglio degli interessi del prestito del 2010 per far cadere l’esborso sulle capitali dell’eurozona e a un ruolo della Bce. Dal canto suo Schaeuble parla di accordo su un «conto speciale» dove dirottare le entrate dello Stato greco in modo da «assicurare» che vengano usate per il taglio del debito (ulteriore condizione politica imposta dai nordici). Sperando di chiudere il salvataggio, si inizia a guardare avanti. «Perché le condizioni imposte ai greci non siano accanimento terapeutico – spiega il pd Sandro Gozi – l’Europa deve puntare sulla crescita». Monti lavora per ottenere concreti passi avanti al summit Ue del primo marzo dopo le positive enunciazioni di principio ottenute a gennaio.


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