Il doppio ultimatum di Sarkò gela l’Unione

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Senza curarsi della coerenza, Sarkozy ha mostrato i muscoli a Bruxelles e posto ben due ultimatum all’Unione europea: se «entro dodici mesi» non ci sarà  «nessun progresso serio» nella riforma (leggi: limitazione) di Schengen, la Francia «sospenderà  la sua partecipazione» al trattato di libera circolazione delle persone, a cui aderiscono 27 paesi europei (non tutti i 27 della Ue, perché sono ancora escluse Romania, Bulgaria e Malta, ma con l’adesione di paesi non Ue, come Svizzera e Norvegia). Stessa minaccia sul protezionismo commerciale alle frontiere della Ue: se l’Europa non adotta un testo analogo al Buy American Act, la Francia «applicherà  unilateralmente la propria carta» riservando gli appalti pubblici alla piccola e media impresa europea, escludendo i paesi extraeuropei. 
Gli ultimatum alla Ue hanno lasciato di sasso Bruxelles. La Germania è nell’imbarazzo. «È fuori questione mettere in discussione Schengen» ha fatto sapere ieri il governo di Angela Merkel. In Francia, i socialisti sottolineano la contraddizione del presidente uscente, che fino alla vigilia di Villepinte aveva deriso Franà§ois Hollande, giudicato «dilettante» per la sua volontà  di ridiscutere, se verrà  eletto all’Eliseo, i contenuti del trattato che impone l’austerità  di bilancio, firmato da 25 paesi all’ultimo Consiglio europeo, ma non ancora ratificato da nessuno. Invece, Schengen, trattato intergovernativo negoziato a metà  degli anni ’80, nel ’97 è stato inserito nei testi comunitari con il Trattato di Amsterdam. L’anno scorso, c’era stata una crisi tra Italia e Francia a causa dell’afflusso di tunisini dopo la “primavera”. La risposta francese era stata la sospensione di Schengen. Poi, Sarkozy si era messo d’accordo con Berlusconi per fare pressione su Bruxelles con lo scopo di modificare le regole di Schengen, di renderle meno “comunitarie” per dare maggiori poteri di decisione agli stati. Queste discussioni sono in corso. Francia e Italia avevano chiesto di poter sospendere la libera circolazione fino a 6 mesi quando uno stato alle frontiere esterne – il bersaglio è anche in questo caso la Grecia – si mostra inadempiente. Per i socialisti, la posizione anti-Schengen di Sarkozy è la dimostrazione di «approssimazioni, panico e incoerenza» nella campagna del presidente uscente, che in un «tentativo disperato» sta cercando di «sostituire al dibattito pro o contro Sarkozy un dibattito pro o contro l’immigrazione».Sarkozy punta a sedurre una parte dell’elettorato del Fronte nazionale, riportando sulla paura dell’immigrazione il dibattito. Cercando di far dimenticare che è stato presidente per cinque anni e prima era ministro degli interni.
L’appello al Buy European ha invece rallegrato la sinistra della sinistra. «Sarkozy ci dà  ragione» afferma Jean-Luc Mélenchon del Front de gauche, che si pone come il difensore del fronte del “no” da sinistra, contro l’Europa liberista. I socialisti ricordano che la destra europea si è sempre opposta a una regolazione del “giusto scambio”, proposta dalla sinistra. L’improvvisazione di Sarkozy di riservare alle sole imprese europee gli appalti pubblici della Ue è inapplicabile, volerla adottare unilateralmente esporrebbe la Francia non solo alle sanzioni della Wto ma anche alle ritorsioni dei partner commerciali. Mentre, dicono i socialisti, l’esplorazione della strada del “giusto scambio” e della “reciprocità ” è possibile. I prossimi sondaggi diranno se il discorso di Villepinte potrà  cambiare la tendenza, che resta a favore di Franà§ois Hollande. L’Ump ha speso 3 milioni di euro per portare a Villepinte circa 45mila persone da tutta la Francia, con l’illusione di replicare il percorso vittorioso del 2007. 
Ma fuori dal grande capannone di Villepinte, la radicale svolta a destra di Sarkozy non sembra trovare il riscontro sperato.


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