Il ruggito del delfino

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E così fa saltare l’incontro con Monti. Il ministro Riccardi lo insulta, poi si scusaAncora ieri mattina Angelino Alfano era pronto a incontrare il presidente del Consiglio assieme agli altri leader della maggioranza. L’appuntamento annunciato da giorni era previsto per ieri sera e il segretario del Pdl era disponibile anche a discutere di giustizia, seppure da posizioni opposte a quelle del Pd. Avrebbe fatto muro, ma senza affondare il governo. Poi, in pochi minuti, la decisione di far saltare il vertice di palazzo Chigi e convocare significativamente un incontro con i capigruppo e i coordinatori di un Pdl più spaccato che mai. A quel punto Berlusconi aveva già  comunicato a Vespa che non sarebbe andato a Porta a Porta per non fare ombra al delfino, in questo modo confermando la precarietà  di Alfano.
Molto seccato, Mario Monti provava comunque a limitare la portata del gran rifiuto, attribuendolo a «ragioni inerenti ai rapporti fra i tre principali partiti». Un modo per tirarsi fuori ma anche per mostrarsi sicuro: «Non ho segnali che si stia incrinando il rapporto tra il governo e le forze politiche». Naturalmente una simile versione dei fatti non poteva star bene al segretario del Pd Bersani che velocemente smentiva il premier: «Noi non abbiamo nessun problema e siamo pronti a discutere, incredibile è il gesto di Alfano». Ma poco dopo era il ministro della cooperazione Andrea Riccardi a fare la frittata.
Parlando con la collega Severino alla presenza anche del ministro Balduzzi, Riccardi viene sentito dai cronisti delle agenzie di stampa mentre commenta la notizia che il vertice di maggioranza è saltato. «Alfano – dice – voleva solo creare il caso. Vogliono solo strumentalizzare ed è la cosa che mi fa più schifo della politica». Preavvertiti dai rumors del Palazzo, i berlusconiani non lasciano cadere la gaffe. Anzi si mettono in fila, da Cicchitto in giù, per chiedere le dimissioni di Riccardi o una sua immediata smentita. Che arriva. «Battute estrapolate da una conversazione informale, captate a distanza e riportate fuori contesto – dice il ministro -, mi scuso se qualcuno si è offeso, con Alfano ho un rapporto cordiale e sincero». Incidente chiuso, ma non del tutto. «Scuse apprezzate, sulle dimissioni valuteremo», dice Gasparri.
Il Pdl non ha intenzione di dismettere la faccia feroce verso l’esecutivo. Per quanto si tratti di un atteggiamento scomodo, visto che il partito dovrà  continuare a votare la fiducia, a partire da oggi alla camera sul decreto in materia di semplificazione fiscale. L’incidente di Riccardi in qualche modo chiude ad Alfano – che non commenta ufficialmente – la strada per un rapido riavvicinamento. Il segretario così offre un segnale di attenzione a tutti quelli che nel Pdl mal si adattano a sostenere Monti e che soffrono per la rottura con la Lega. Però nel confermare l’appoggio al governo, non troppo diversamente da Bersani, può solo spingere il partito con le spalle al muro. È stato lui stesso tre giorni fa ad ammettere che il Pdl sta pagando «un dazio molto salato al governo Monti» visto che «abbiamo messo in sofferenza il nostro rapporto con la Lega non avendo ancora guadagnato quello con l’Udc».
Il dazio lo sta pagando il segretario in prima persona. Non essendosi potuto affrancare dalla tutela di Berlusconi ne subirà  le conseguenze quando il cavaliere, come sta avvenendo, lo metterà  da parte. Anche la platea che Alfano si era organizzato oggi pomeriggio ad Orvieto per l’inaugurazione della scuola di politica del Pdl mostrerà  i segni del declino. Molti esponenti di primo piano del partito hanno annunciato che diserteranno, uno sgarbo evidente. In più all’ora in cui era previsto il comizio si starà  ancora votando la fiducia a Roma. Ma se Berlusconi chiuderà  veramente l’appuntamento sabato, allora i berlusconiani si faranno vedere in massa.
Un’ulteriore conferma che non si tratta solo di fibrillazioni fisiologiche in vista delle amministrative. Mentre i partiti in modo un po’ lunare immaginano di recuperare una centralità  a partire dalle riforme costituzionali, il governo dei tecnici sta scavando loro il terreno sotto i piedi. E se Bersani può puntellarsi, a fatica, con i riti democratici del Pd, Alfano può solo sperare che Berlusconi non lo lasci cadere nel vuoto. La sua decisione di abbandonare Monti per un giorno, ubbidendo al richiamo della foresta del conflitto di interessi su Rai e giustizia, voleva essere un segnale di forza. Le sberle – metaforiche, e smentite – del ministro Riccardi lo hanno mostrato per quel che era. Un’estrema debolezza.


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