L’autocritica degli ecologisti: troppo legati a schemi antichi

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«Soprattutto quello che è successo nel Pd è un forte segno culturale», parola di Edo Ronchi, fondatore dei Verdi arcobaleno con Francesco Rutelli, ministro dell’Ambiente nei governi di centrosinistra, responsabile dell’ambiente nell’assemblea costitutiva dei Ds. Spiega, Ronchi. «Nei grandi partiti non siamo riusciti a portare un ecologismo riformatore. E a farne le spese sono stati ecologisti storici come Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. Anche il tredicesimo posto di Realacci per la candidatura in Lombardia la dice lunga».
C’è autocritica nelle parole di Ronchi («in Germania non si oppongono agli inceneritori come facciamo noi, in maniera ideologica»), come in quelle di Vittorio Cogliati Dezza, ambientalista storico e da sei anni presidente di Legambiente. «Penso si sia smarrita la bussola, perché un Paese che non capisce che per uscire dalla crisi economica ha bisogno di una nuova politica industriale è senza dubbio un Paese smarrito. Gli ambientalisti, tuttavia, hanno le loro responsabilità  certamente».
È lucida l’analisi di Cogliati Dezza: «L’ambientalismo storico ha sempre avuto due soli atteggiamenti. O quello di fare la sentinella, in senso stretto senza alcuna strategia. Oppure di disegnare scenari di futuri disastrosi. E l’oggi dov’è? L’interlocuzione con l’imprenditoria, il sindacato, le istituzioni? È mancato tutto questo, fino ad oggi».
Per Carlo Ripa Di Meana, già  presidente di Italia Nostra, la politica è arrivata ad un limite di tolleranza con l’ambientalismo e ha deciso di cancellarlo. Dice, infatti: «In queste elezioni la politica ha mostrato un volto innegabile di avidità  e corruzione. Non dimentichiamoci che fra gli attivi formatori di lista nel Pdl c’è uno come Denis Verdini che è dentro l’inchiesta dell’eolico in Sardegna».
Ma anche Ripa Di Meana è arrivato a fare autocritica: «Gli ambientalisti nelle loro battaglie, dall’Ilva a Marghera, non hanno mai smesso di legarsi ideologicamente ad alcuni schemi antichi».
Fuori dal coro la voce di Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, oggi in lista con la «Rivoluzione civile» di Antonio Ingroia che, prima di tutto, punta il dito sull’informazione ecologista oscurata dai media.
Poi ragiona, Bonelli. «L’errore di ambientalisti come Della Seta e Ferrante è stato quello di voler tentare di ibridare un grande partito come il Pd. La soluzione è invece quella di fondare un grande partito ecologista di stampo europeo che non cerca di ibridare i grandi partiti ma vive di vita propria. Da tempo avevo cercato di sollecitare gli ambientalisti in questo senso, senza successo. Mi pare che adesso, fuori dalle liste, siano ora loro a proporlo. Non vorrei però che fosse troppo tardi, ormai».


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