“Premafin-Fonsai peggio del San Raffaele”

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MILANO – Peggio del San Raffaele. Sono bastate queste poche parole pronunciate nei corridoi del Tribunale per delineare la gravità  della situazione del gruppo Fonsai e delle sue controllanti, la Premafin e la Sinergia. Su entrambi i casi indaga lo stesso magistrato, Luigi Orsi, che nel primo dipartimento dedicato ai cosiddetti reati finanziari e coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, segue i grandi casi di insolvenze e bancarotte. Il cumulo dei debiti non è molto distante da quello dell’ospedale che fu di Don Lugi Verzé, in quanto tra Fonsai e Premafin, considerate un gruppo unico anche dall’Isvap (l’Authority delle compagnie di assicurazione), l’esposizione è di circa 1,6 miliardi, alla quale va poi aggiunta la posizione di Sinergia, negativa per altri 400 milioni. 
La via però che la procura starebbe valutando non è la stessa del San Raffaele, per il quale Orsi aveva chiesto il fallimento. Del resto andare davanti al Tribunale fallimentare per una compagnia di assicurazione significherebbe aprire una liquidazione coatta amministrativa. L’alternativa è rappresentata dall’articolo 2409 del codice civile, i cui provvedimenti possono essere esercitati anche dal pubblico ministero. E niente di meglio della trasposizione dell’articolo del codice spiega quanto sta avvenendo in questi giorni in Procura. 
«Se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità  dell’adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale. Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società  a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione. Se le irregolarità  denunziate sussistono, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti cautelari e convocare l’assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata».
E gli ingredienti sembrano esserci tutti: la denuncia dei soci l’ha fatta il fondo Amber, azionista di Fonsai, le gravi irregolarità  sono state elencate nella relazione dei sindaci, mentre il pm sta provvedendo a sentire gli amministratori. Nel fine settimana è stata la volta del presidente del collegio sindacale di Fonsai, Benito Giovanni Marino, e il sindaco Marco Spadacini, oltre al presidente dell’organo di controllo di Premafin, Vittorio De Cesare, e il sindaco della holding, Maria Luisa Mosconi. Poi è arrivato il turno dei manager (come il direttore generale di Premafin, Andrea Novarese) e dei revisori dei conti (Ernst & Young). Da qui alla richiesta di un amministratore giudiziario al Tribunale (sezione diritto societario) di rimuovere gli amministratori, tra i quali le figlie di Ligresti, Jonella e Giulia, il passo è breve. Anche perché su Fonsai è in corso un’offerta di Unipol che prevede una fusione con Premafin la quale prevederebbe una sorta di “premio” d’uscita per gli stessi Ligresti e un danno, secondo i critici, ai piccoli azionisti. La procura ha poi un’altra carta: il sequestro del 20% di azioni Premafin che, secondo la Consob, Ligresti ha celato dietro a una serie di trust esteri. Con tutta questa carne al fuoco è difficile prevedere come farà  Premafin, venerdì 30 marzo, ultimo giorno utile, ad approvare il bilancio con la valutazione “generosa” di Maurizio Dallocchio e convocare l’assemblea per l’aumento di capitale riservato a Unipol.


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