Uno schifo di sfiducia

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ROMA – Era a Prato ieri il ministro Andrea Riccardi, a compiere uno di quei gesti che lo rendono indigesto all’ex maggioranza di centrodestra: nel giorno della festa dell’8 marzo ha conferito la cittadinanza italiana a tre donne nate all’estero, la prima in Somalia, la seconda in Albania e la terza nella Repubblica Dominicana. Nel frattempo a Roma 46 senatori del Pdl radunati dall’ex ministro della giustizia Francesco Nitto Palma con una lettera al capogruppo Maurizio Gasparri chiedevano al partito di sfiduciare il ministro. Che è il più politico tra i «tecnici» di Monti e che, fosse davvero costretto a lasciare, potrebbe facilmente tirare dietro di sé l’intero governo.
Per questo Berlusconi interverrà  per chiudere l’incidente, ma ai vertici del Pdl non è dispiaciuto trascinare il caso per un altro giorno, mentre Riccardi ha evitato di ritornare sulle sue parole ascoltate dai cronisti mercoledì mattina – «Alfano voleva solo creare il caso, vogliono solo strumentalizzare ed è la cosa che mi fa più schifo della politica», aveva detto commentando con la collega Severino il forfait del segretario Pdl al vertice di maggioranza – visto che aveva già  diffuso un comunicato di scuse. Nonostante quelle scuse, ieri Nitto Palma ha messo facilmente assieme un terzo dei senatori Pdl (con una prevalenza degli ex An) per soffiare sul fuoco. «Il ricorso alla mozione individuale di sfiducia nei suoi confronti è diventato un gesto necessario e urgente», scrivono i senatori, tra loro Bruno Alicata, Luigi Compagna, Lucio Malan, Altero Matteoli, Francesco Casoli, Domenico Gramazio, Luigi Compagna, Andrea Augello, Cinzia Bonfrisco e Raffaele Lauro. Ma poi concedono che «lo strumento regolamentare è discutibile», lasciando libertà  di manovra al capogruppo Gasparri. Il quale ne ha approfittato per ribadire che «il ministro ha detto una cosa molto sgradevole». Ma poi ha fatto capire che non ci sarà  il passo successivo: «È una lettera, non una mozione. Ci saranno gli spazi per il chiarimento».
Che poi è quello che chiede l’ala più tranquilla del partito, dall’ex ministro Franco Frattini a Eugenia Roccella a Giuliano Cazzola. Il segretario Angelino Alfano ha dribblato del tutto la questione ma non si è certo dispiaciuto dall’iniziativa di Nitto Palma. È stato un modo per il Pdl per alzare ancora il prezzo alla vigilia di decisioni importanti – soprattutto per quanto riguarda i berlusconiani – sulle televisioni e la giustizia. Quello che probabilmente Alfano ha sottovalutato è quanto il messaggio grezzo di Riccardi sia stato apprezzato da chi guarda ai politici come una casta indistinta. Opportunamente modificata e generalizzata in «la politica fa schifo», la frase del ministro è diventata popolare sui social network dove invece sono finiti nel discredito i senatori del Pdl. Riccardi, da politico consumato (anche se non ancora abituato a parlare sottovoce) ha commentato sussiegoso la lettera dei 46 assicurando di volerla leggere «con molta attenzione (ma non è indirizzata a lui, ndr) perché quello che viene dal senato, nello spirito del governo, è molto importante».
Nel frattempo ad Orvieto Angelino Alfano era chiamato a dare seguito al gesto di ribellione di mercoledì per rassicurare un partito stremato dal sostegno a Monti. Naturalmente il segretario ci ha tenuto a farlo avvertendo di avere dalla sua il sostegno di Berlusconi: «Mi ha chiamato e mi ha detto di salutarvi», ha esordito rivolto alla platea della scuola di partito. Poi ha giurato che il Pdl «non si farà  dettare l’agenda dei prossimi dodici mesi né dal Pd né dall’Udc». Si è rivolto direttamente a Monti dicendo che «noi siamo leali ma lo siamo con la schiena dritta e non ammainiamo la nostra bandiera». Monti però ha risposto ricorrendo al suo argomento unico: «Non si possono intralciare le politiche di risanamento – ha detto da Belgrado – spero che non si allarghi lo spread tra i partiti politici».
A Orvieto è andato in scena una sorta di Pdl-pride che però ha solo coperto i problemi dell’ex partito di governo. Diviso tra due diverse strategie per il dopo Berlusconi, una di apertura al centro verso Casini e persino Fini, l’altra di recupero della Lega. Alfano ha messo le mani avanti dicendo che «non ci impressionerà  il risultato delle amministrative perché si svolgono in un tempo sospeso». E contemporaneamente ha provato a convincere i suoi che il rapporto con la Lega non è definitivamente compromesso: «Ho sentito Bossi – ha detto – se viene dimostrato che c’è un attacco politico alla Lega, noi dobbiamo sostenerla. È un nostro alleato». Più realisticamente Fabrizio Cicchitto ha spiegato che senza Berlusconi «il carisma è attenuato e dobbiamo compensarlo con la costruzione di un partito degno di questo nome».


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