Istat: quasi 3 milioni gli inattivi. Il 43% convinto di non trovare lavoro

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I quasi 3 milioni di inattivi che non cercano occupazione ma che sarebbero dispionibili a lavorare non si mettono a caccia di un lavoro per “scoraggiamento”: il 43% (1,2 mln di persone) di loro pensa che non ne trovera’ uno. In Italia, gli inattivi che non cercano un impiego rappresentano un aggregato piu’ ampio di quello dei disoccupati in senso stretto (2 milioni 108 mila nel 2011); nella media europea, invece, i disoccupati risultano pari a piu’ del doppio di questi inattivi. Gli inattivi che cercano un impiego, ma non sono disponibili a lavorare sono invece 121 mila unita’ (-4,4%, pari a 6 mila unita’ in meno in un anno). Si tratta dello 0,5% delle forze di lavoro, contro l’1% nell’Unione Europea. Sommando le forze di lavoro potenziali ai disoccupati si ottengono le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo: nel 2011 si tratta di circa 5 milioni di unita’. Sempre nel 2011, i sottoccupati part time sono 451 mila unita’ (+3,9%, pari a 17 mila unita’ in piu’ rispetto al 2010) e rappresentano l’1,8% del totale delle forze di lavoro. Nell’Unione Europea l’incidenza e’ pari al 3,6%.

INOCCUPATI, MA COSàŒ TANTI DAL 2004 – Nel 2011 il numero di inattivi che non cercano lavoro ma sono disponibili a lavorare ha raggiunto il livello piu’ elevato dal 2004. Continua anche la crescita dei 15-24enni che non cercano lavoro ma sono in ogni caso disponibili a lavorare: dal 30,9% delle forze di lavoro giovanili del 2010 al 33,9% del 2011. Gli individui che non cercano ma vorrebbero comunque lavorare equivalgono nel Mezzogiorno a circa un quarto delle forze di lavoro, un risultato di oltre 6 volte superiore a quello del Nord.

NON CERCO PERCHE’ NON SI TROVA – Nel complesso, il 42,6% (circa 1,2 milioni di unita’) degli individui classificati tra gli inattivi che non cercano lavoro ma sono disponibili dichiara di aver rinunciato a cercare lavoro perche’ ritiene di non trovarlo. Lo scoraggiamento interessa in misura consistente sia gli uomini sia le donne. L’incidenza degli scoraggiati sale fino al 47% nelle regioni meridionali, in cui alle minori opportunita’ d’impiego si affianca una maggiore sfiducia nella possibilita’ di trovare e mantenere un’occupazione.D’altra parte, la mancanza di competenze specifiche da spendere sul mercato del lavoro alimenta un atteggiamento di rinuncia alla ricerca attiva: nel gruppo degli inattivi disponibili, gli scoraggiati sono la meta’ tra coloro che hanno conseguito al massimo la licenza media, un quinto tra i laureati.

LE DONNE FANNO LA PARTE DEL ‘LEONE’ – Fra gli inattivi la maggior parte, 1.732.000 persone, sono donne, che costistuiscono oltre il 16% della forza lavoro.

IN ITALIA UN TERZO DI TUTTI GLI INATTIVI UE – In Italia, il valore relativamente piu’ basso del tasso di disoccupazione in confronto alla media dei paesi Ue (l’8,4% contro il 9,6% nel 2011) si affianca a una quota decisamente piu’ elevata della popolazione inattiva piu’ contigua alla disoccupazione: il 12,1% a fronte del 4,6% dell’Ue. In particolare, si trovano in Italia un terzo dei circa 8,6 milioni di individui che nei paesi dell’Unione europea dichiarano di non cercare lavoro ma di essere disponibili a lavorare, a fronte di poco piu’ del 9% dei disoccupati italiani sul totale dei disoccupati Ue. Anche in rapporto alle forze di lavoro, questo gruppo di inattivi e’ superiore in Italia di oltre tre volte quello Ue: l’11,6% in confronto al 3,6%. Peraltro, percentuali molto contenute emergono in numerosi paesi tra i quali Francia (1,1%), Grecia (1,3%), Germania (1,4%) e Regno Unito (2,4%). Gli inattivi disponibili a lavorare, comunque, sono in crescita sia in Italia sia in Ue: tra il 2008 e il 2011, parallelamente alla consistente crescita del numero di persone in cerca di occupazione (+24,6% in Italia, +38,8% a livello europeo), si osserva un incremento anche degli inattivi che sarebbero disponibili a lavorare (rispettivamente +10,4% e +17,1%). In quasi tutti i paesi dell’Unione europea, le donne inattive disponibili, in rapporto alle forze lavoro, sono in numero significativamente piu’ elevato in confronto agli uomini. Tuttavia nel nostro Paese il divario e’ piu’ ampio: il 16,8% delle donne rispetto al 7,9% degli uomini (4,5% a fronte del 2,8% nell’Ue). (DIRE)

 

 

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