Nelle carte spuntano le cliniche del Vaticano

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È una rete di mediatori, imprenditori con nomi in buona parte sconosciuti, gente che sa come far funzionare gli affari, pezzi di una variopinta armata con business riservati e lucrosi. Una maglia dove Francesco Belsito, l’uomo con in tasca le chiavi della cassaforte leghista, si muoveva agilmente, grazie ai contatti che in queste ore stanno emergendo, con il discovery delle carte dell’inchiesta delle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria. Ipotesi investigative, per ora, per un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza milanese e dai carabinieri del Noe guidati dal colonnello Ultimo.
Il troncone d’indagine che appare più corposo è firmato dai Pm napoletani Woodcock e Piscitelli e nasce da una costola dell’indagine sulla cosiddetta P4, quella galassia di rapporti sotterranei divenuti il simbolo della seconda Repubblica. Dopo le dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, ai vertici di Finmeccanica, gli investigatori hanno iniziato a seguire la pista che li ha portati nella tesoreria della Lega Nord, passando per Francesco Bonet – imprenditore a capo di alcune imprese di logistica e servizi industriali – e Francesco Belsito, il tesoriere al centro della bufera giudiziaria. Per i carabinieri al vertice c’è quello che per tutti i leghisti è semplicemente «il capo»: «Belsito riferisce direttamente al segretario storico Bossi Umberto». Accanto a lui, scrivono gli inquirenti nell’informativa arrivata negli uffici della Procura di Napoli a fine marzo, c’è «il comitato amministrativo federale della Lega, costituito dai senatori Roberto Castelli, Stiffoni Gianpiero e dallo stesso Belsito Francesco». Dunque una storia che coinvolge – almeno politicamente – il gotha della Lega nord.
La gestione dei soldi provenienti dai finanziamenti pubblici è uno dei perni dell’indagine condotta dalla procura di Napoli. Per gli investigatori non vi sarebbero dubbi sulla «irregolarità » della tenuta dei conti, con passaggi di denaro verso la famiglia Bossi. Ma i filoni più delicati dell’indagine puntano verso ipotesi ben più pesanti. Secondo i carabinieri dietro la disinvolta amministrazione di Belsito si nasconderebbero anche vere e proprie operazioni di riciclaggio, con interessi che andavano da investimenti nei paesi dell’est Europa fino a progetti con al centro «strutture sanitarie del Vaticano». A titolo di esempio gli investigatori citano una telefonata tra Belsito e Nadia Dagrada, responsabile della segreteria amministrativa di via Bellerio, dove si parla «chiaramente del nero che Bossi dava tempo fa al partito». Un’espressione che per i carabinieri ha un significato chiaro: «Denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile». Ipotesi di reato che le procure stanno valutando in queste ore, leggendo i tanti documenti sequestrati questa settimana durante le perquisizioni in alcune sedi della Lega nord.
La figura chiave che emerge in questo senso dalle indagini è quella dell’imprenditore veneziano Stefano Bonet, in stretti rapporti con imprese di peso come Fincantieri, Finmeccanica, Siram e Grandi navi veloci. Secondo gli investigatori Bonet avrebbe goduto di un accesso facilitato al mondo politico ed economico grazie agli stretti contatti con Francesco Belsito. Ma non solo: i carabinieri evidenziano anche i rapporti dell’imprenditore veneto con Aldo Brancher e Filippo Ascierto del Pdl (che non risultano indagati). Nel campo della sanità  privata Bonet poteva contare anche sulla conoscenza di pezzi importanti della Santa sede, quali monsignor Zygmunt Zimoswki, responsabile delle Pontificio Consiglio degli operatori delle strutture sanitarie del Vaticano. La società  centrale in questo senso – secondo gli investigatori – è la Siram, colosso che si occupa di efficenza energetica e logistica in ben 770 strutture sanitarie, pubbliche e private. Ed è Bonet l’imprenditore al quale Francesco Belsito affiderà  i sette milioni di euro da investire in Tanzania e in Norvegia, scatenando le ire dei maroniani. Come dice il vecchio adagio del giornalismo, seguire la pista dei soldi può portare molto lontano.


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