Quella Mattina e la Telefonata in Redazione

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A Brescia, per fortuna, avevamo un vero talento, Danilo Tamagnini. Fu lui a telefonare in redazione. Gli rispose il vicecapo degli Interni Luciano Micconi. Ricordo che quella piovosa mattina di maggio di 38 anni fa, ero andato in via Solferino per leggere i giornali. Mi raggiunse, come una frustata, la voce alterata di Luciano, che dopo aver ascoltato il resoconto di Tamagnini, il quale ansimava per l’emozione, disse solo «Terribile!» e si precipitò dal vicedirettore di allora, Franco Di Bella, per organizzare i servizi. Pur non essendo ancora inviato speciale, seguivo le notizie sulle trame eversive per curiosità  e passione professionale. Confesso che rimasi sconvolto ma non sorpreso. Pareva che quel massacro fosse il previsto fulcro di una stagione di sangue, cominciata con la strage di piazza Fontana, nel 1969, e diventata frenetica, appunto nel biennio terribile 1973-1974. Dall’attentato del falso anarchico Bertoli alla questura di Milano (4 morti e 52 feriti il 17 maggio ’73) alla strage del treno Italicus (12 morti e 48 feriti il 4 agosto ’74 ), passando appunto per il massacro di piazza della Loggia, era stata tessuta una trama mefitica, cha partiva dal progetto di golpe del principe Borghese alla Rosa dei Venti, alle milizie del Mar di Carlo Fumagalli, alla cospirazione di Edgardo Sogno. Su tutto si era poi intensificato il conflitto tra le due anime dei nostri servizi segreti, il generale Vito Miceli (vicino ad Aldo Moro) e il generale Gianadelio Maletti (vicino a Giulio Andreotti). Ma la realtà  di quella stagione violenta e ambigua è ancora tutta da scrivere. O meglio, tutto pare chiaro, ma omertà  e silenzi hanno soffocato la verità . Per la strage di Brescia, 38 anni dopo, non ci sono colpevoli.


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