Rimborsi, allarme pd «Attenti, l’antipolitica può spazzarci via»

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ROMA — Tagliare o non tagliare, questo è il problema. E come conciliare la necessità  di far sopravvivere i partiti con quella di contrastare l’ondata di insofferenza montante. Gli affaire Lusi e Belsito stanno obbligando le forze politiche a riorganizzare le proprie finanze e a ridurre i rimborsi elettorali. Il primo accordo tra i leader è stato accolto da critiche. La pressione popolare è tale che il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ora lancia un avvertimento, rivolto anche all’Idv: «Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dell’antipolitica, si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo spazza via tutti». In sintonia con lui, il ministro Andrea Riccardi: «Non si può indulgere nell’antipolitica, c’è bisogno dei partiti». 
Ad alzare il livello dello scontro, ci ha pensato la Lega. Che, dopo giorni di tregenda per le inchieste che l’hanno colpita, ha annunciato che rinuncerà  alla tranche di luglio del rimborso elettorale. A cascata arrivano i rilanci. Francesco Rutelli, leader dell’Api, annuncia che si batterà  «per il taglio di un terzo del finanziamento pubblico»: «Noi prendiamo 180 mila euro all’anno, ovvero i rimborsi per le elezioni regionali. Sono favorevole a un congelamento e a dare il rimborso solo in base ai voti effettivamente presi».
Pd e Pdl sono preoccupati. Perché — come suggerisce lo slippery slope, la teoria del piano inclinato — se cominci a cedere di poco c’è sempre qualcuno che chiede di più. Come Roberto Formigoni, che propone di azzerare i rimborsi. Oppure Antonio Di Pietro, che chiede la revoca per tutti e, se non sarà  concessa, annuncia: «Prenderemo la quota spettante all’Idv e ne faremo un assegno circolare che consegneremo al ministro del Lavoro, perché lo dia alle fasce sociali più deboli, come gli alluvionati liguri o i terremotati abruzzesi e molisani». Anche da Fli arrivano segnali di guerra. Per Italo Bocchino «la proposta ABC (Alfano-Bersani-Casini) sul bilancio dei partiti rischia di essere acqua fresca, senza un taglio drastico dei finanziamenti. È pronto un emendamento Fli per il taglio del 50 per cento dei rimborsi». 
Bersani confida i suoi timori: «Abbiamo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo». Parla dell’antipolitica: «Siamo nei guai. È mancata la correttezza dell’informazione su questo punto, perché le risorse ai partiti continuano a scendere e arriveranno a 140 milioni nel 2015, il che significa 2,38 euro per ogni italiano. Una cifra inferiore agli altri Paesi europei. Possiamo ancora scendere ma un decalage c’è già ». Quanto alla tranche di luglio, Bersani dice: «Il pagamento dei 100 milioni lo posponiamo. Ma non voglio che il mio Paese muoia di demagogia».
Anche Nichi Vendola è cauto: «Serve un tetto per legge alle spese elettorali, ma il finanziamento pubblico è una necessità : ciò che dà  fastidio ai cittadini è il carattere faraonico». Il leader di Sel è preoccupato anche da Beppe Grillo: «È un fenomeno populista e il populismo è un nemico». E proprio il blogger, comico e agitatore politico, scrive che «Pd e Pdl sono già  sotto il 20%. I partiti stanno svanendo. Ci vediamo in Parlamento. Fuori o dentro». Poi, in un comizio a Marina di Carrara annuncia: «Siamo la terza forza politica del Paese».
Sul tappeto c’è anche l’appoggio al governo e la riforma della legge elettorale. Sul primo, Pier Ferdinando Casini avverte: «A chi sostiene il governo dico che non si può essere partiti di lotta e di governo. Serve serietà , non giochini della vecchia politica». Quanto alla legge elettorale, nel Pd c’è chi vorrebbe rimettere in discussione l’intesa di massima raggiunta dai tre partiti. Per Dario Franceschini le alleanze vanno dichiarate prima del voto. Ieri Bersani si è detto «contrarissimo a mettere i nomi dei leader sul simbolo. Se toccherà  a me non lo metterò». Dal Pdl intervengono con una nota congiunta Ignazio La Russa e Gaetano Quagliariello: «Andiamo avanti, si evitino polemiche».


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