Un mondo di e-book “L’idea classica di libro si è estinta, parola di amazon”

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Lo chiama “tsunami”, senza mezzi termini. Ecco cosa c’è nel futuro dell’editoria italiana secondo Martin Angioni, a capo della filiale di Amazon nel nostro Paese. Classe 1967, con un passato prima nella banca d’affari JP Morgan fra Berlino, Londra e New York, poi come amministratore delegato della casa editrice Electa di Mondadori, Angioni usa toni pacati per trasmettere contenuti esplosivi. Cominciando da quel che succede oggi nel mondo dei libri, proprio mentre voci di corridoio danno per certa la presenza di Amazon al Salone di Torino, e nei negozi è appena arrivato il Kindle Touch, il lettore di ebook con schermo tattile della multinazionale di Jeff Bezos. “L’onda anomala – spiega – è un processo inevitabile che nel giro di due o tre anni cambierà  completamente il volto dell’editoria. Non riguarda nemmeno il tipo di lettore, che alla fine è sempre lo stesso, ma l’idea stessa di libro. Ed è un mutamento contro il quale si può fare davvero poco”. 
Tutto per colpa, o merito degli ebook? 
«In America, per i grossi editori, i libri digitali valgono ormai il 20 per cento del fatturato. In Inghilterra siamo al 10 per cento. E i numeri tendono a raddoppiare anno su anno. Nel 2010 e nel 2011 c’è stata l’accelerazione. Un ebook, del resto, costa fra il 30 e il 50 per cento di meno rispetto alla copia di carta. In certi frangenti, penso alla saggistica, si arriva a meno 70 per cento. E poi si accede alla libreria 24 ore su 24. Leggi una recensione e compri il libro. Si può anche scaricare un estratto gratuitamente, il 10 per cento di un volume, o prestarlo ad un amico. Non c’è partita». 
Fa venire in mente iTunes. E magari alcune case editrici non sono contente di fare la fine delle etichette musicali. 
«Le rispondo partendo dalla definizione di libro dell’Unesco: “non è seriale, nel senso che non è un periodico come un settimanale o un quotidiano, ed è più lungo di 50 pagine”. Il Kindle Single, la possibilità  di pubblicare brevi saggi o racconti a prezzi stracciati, sta stravolgendo il paradigma. Quindi cos’è oggi il libro? Un contenitore che non condiziona più il contenuto. Si possono pubblicare 30 pagine a 99 centesimi e lo si può fare anche in forma seriale. Come nel caso di John Locke, il primo autore ad essere autopubblicato che ha superato il milione di copie». 
Succede anche nel mondo degli app store che le persone propongano il proprie creazioni. Poi però a fare davvero i soldi, salvo eccezioni, sono solo la Apple e Google. La prima vendendo tablet e smartphone, la seconda con il mercato pubblicitario. La media di guadagno per singola applicazione a pagamento supera si e no i 300 dollari. Spiccioli. Succede anche su Kindle? 
«Nell’editoria tradizionale è la stessa cosa. Solo il cinque per cento dei libri pubblicati vende». 
Sta dicendo che in ogni caso non c’è scelta?
«Il futuro è già  qui. O si decide di farne parte o si resta fuori. Non ci sono alternative agli ebook. Del resto come si fanno a vendere libri a 20 euro quando c’è una crisi di questo livello? E guarda caso il tracollo maggiore si ha nei volumi d’arte, quelli più cari. Per non parlare dei cataloghi delle mostre. Prima se ne vendeva uno ogni 15 visitatori, oggi uno ogni 50».
A proposito di crisi: i recenti dati della Nielsen sul calo dei lettori sono un segnale anche per voi. 
«I lettori forti, quelli che comprano dai 9 a oltre 12 libri l’anno, sono scesi fra gennaio e febbraio di 720 mila unità . Ma guardando i dati Nielsen riguardo il 2011 scopriamo che sono comunque 6,3 milioni. Io stapperei una bottiglia di champagne. Per anni si è detto che erano solo cinque milioni»
E voi l’avete stappata la bottiglia di champagne? In Francia gli editori hanno alzato le barricate contro Amazon. Qui vi hanno dato l’intero catalogo di ebook senza fare una piega. 
«In Francia hanno 15 mila librerie indipendenti, da noi sono appena 1200. A Parigi e dintorni il mercato dei libri vale tre volte quello italiano e c’è un governo con una vera politica culturale». 
Ma qui c’è un ministro come Profumo che difende l’idea della digitalizzazione dei libri scolastici, mentre oltralpe Frédéric Mitterrand bacchetta i colossi dell’hi-tech sostenuto da figure come Teresa Cremisi, a capo di Flammarion. 
«E’ il bello e il brutto dell’Italia, Paese molto “deregolato”. La difesa francese delle librerie è la difesa ideologica di un sistema. Mitterrand ha chiesto espressamente agli editori di non trattare singolarmente con noi, Apple e Google, ma di esprimere una posizione comune. Molte case italiane al contrario vedono nel digitale un’opportunità , guardano avanti. Ma sono divise. Messaggerie è favorevole alla legge Levi che blocca gli sconti al 15 per cento. Gli altri no. Mondadori ad esempio incolpa quella stessa legge per il recente calo di lettori. Perché impedisce le promozioni». 
E lei cosa pensa? 
«E’ una questione culturale. Esistono vantaggi e svantaggi sia nel modello anglosassone senza prezzi fissi e senza regole, sia in quello europeo che prevede entrambi. Credo che la legge Levi non aiuti, anche se non è detto sia la principale causa del calo dei lettori».
Lo tsunami prevede che Amazon Italia si metta a fare l’editore come fa in America?
«Abbiamo sette marchi editoriali, ma solo negli Stati Uniti. Nella maggior parte dei casi trattiamo libri che non esistono in lingua inglese. Appena il tre per cento dei volumi usciti nel mondo arrivano nelle librerie statunitensi. E dato che Amazon sa cosa vende altrove, li traduce e li pubblica. Poi nel 2011 ha cominciato una campagna di acquisizioni. Feltrinelli era editore e ora ha delle librerie. Amazon da libraio fa anche l’editore. Nulla di strano».
E’ un si o un no?
«Per ora è un no. Non ci sono state iniziative simili fuori dall’America, né nuove assunzioni, piani a breve, investimenti. Però se Amazon ha 60 miliardi di dollari di fatturato, significa che lì dove opera è più efficiente di altri. Si vede che negli Usa le case editrici non hanno fatto tutto quel che si poteva fare per avere buoni margini di guadagno. Lasciando molto spazio agli altri».


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