Asilo di Rignano: imputati assolti Non ci furono abusi

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TIVOLI — Sei anni di logoramento e poi l’assoluzione. Silvana Magalotti, Marisa Pucci, Patrizia Del Meglio, l’autore tv Gianfranco Scancarello e Cristina Lunerti (maestre, marito della Del Meglio e bidella della «Olga Rovere») sono stati prosciolti dall’accusa di aver abusato dei 21 bambini della scuola materna di Rignano Flaminio. Indagini, consulenze, incidenti probatori, altre consulenze. E ora la conclusione: «Il fatto non sussiste», dice il cancelliere del tribunale, leggendo il dispositivo a una folla di giornalisti, passanti, famiglie. Dentro esplodono gli insulti contro i giudici. Fuori l’urlo liberatorio del marito di Marisa Pucci e degli altri, amici e parenti delle maestre. 
Un’indagine controversa fin dalla prima denuncia. Nel 2006 un gruppo di genitori di bambini della «Olga Rovere» presentano un esposto alla Procura. Si scopre poi che la decisione sarebbe il frutto di riunioni collettive tra loro. (Da qui il sapore di qualcosa di concordato, come ancora ieri ricordavano alcuni amici delle imputate: «Bussavano porta a porta in cerca di genitori che volessero denunciare abusi» dice Sergio Pucci, fratello di Marisa). Un gruppo di bambini racconta che, durante l’orario scolastico, veniva trasferito in una casa a qualche chilometro dalla scuola e abusato. Poi la raccolta delle testimonianze, anche quella con qualche anomalia nella procedura. La consulente non registra le risposte dei bambini neppure con una telecamera nascosta. 
Ma il pm Marco Mansi, titolare dell’inchiesta, va dritto per la sua strada. La svolta arriva nell’estate del 2007, quando il gip Elvira Tamburelli concede gli arresti per maestre, bidella e Scancarello. Diciassette giorni dopo, il parere dei giudici del Riesame, che si esprimono per la scarcerazione, denuncia qualche debolezza nell’impianto dell’accusa: sospette quelle riunioni tra genitori prima della denuncia, osserva il Riesame. Mansi conserva le sue certezze e fa ricorso. Ma è la Cassazione a infliggergli la batosta. I fatti? «Nessuna armonia tra gli accertamenti medici e le vere e proprie atrocità  fisiche patite dai piccoli secondo il racconto dei genitori», scrivono i giudici. Non solo: «La possibilità  che gli adulti abbiano influito con domande suggestive sulla spontaneità  del racconto dei bambini — si legge — ha avuto conferma almeno in due casi, nei quali i giudici del tribunale del Riesame hanno rilevato atteggiamenti prevaricatori».
Quello che era sembrato un elemento di forza — la denuncia collettiva di un gruppo di famiglie del paese — si rivela un punto di debolezza. I genitori si erano più volte riuniti tra loro? C’è il dubbio che si sia trattato di una denuncia stabilita a tavolino. Le indagini successive tuttavia riscontrano nei bambini la presenza di qualche trauma psicologico e perfino, per alcuni di loro, irritazioni nelle parti intime. Il pm va comunque avanti fino alla formulazione della sua richiesta: dodici anni di carcere per i cinque accusati. Ieri la sentenza. 
Da qualche mese Mansi è alla Procura di Castellammare di Stabia. Il ricorso spetterebbe al procuratore di Tivoli, Luigi De Ficchy, che però sul tema è più che prudente. Ricorrerete? «Non è detto. Leggeremo con grande attenzione le motivazioni del tribunale», dice. Le indagini però vanno difese: «Se fossero state costruite sulla sabbia non ci sarebbe stato neppure il rinvio a giudizio. Quanto ai riscontri, gli abusi sessuali non sono reati come altri, non ci aspettavamo di trovare la “pistola fumante”, per così dire. Ma gli elementi avrebbero potuto portare a una conclusione diversa».


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