IL MANIFESTO DI AMAZON

Loading

Martin Angioni, numero uno italiano della multinazionale, difende il gruppo dalle accuse e spiega invece come ha allargato il mercato: dunque sarebbe lui il temibile barbaro, Martin Angioni, il capo di Amazon in Italia? Lui che discende dall’aristocrazia di sangue e di cultura, figlio di un cavaliere olimpionico cagliaritano e d’una libraia d’antica casata tedesca? Il profilo appare lontano dal ritratto fosco di Gengis Khan dell’editoria mondiale, che è emerso anche ieri pomeriggio dalla tavola rotonda dei colossi italiani. «Hanno detto che siamo i nuovi imperialisti, ma è un’accusa che mi fa sorridere. Mi sono laureato in Economia e Commercio con Sergio Ricossa. E le mie stelle polari sono Gadamer e Popper». Tra i suoi insegnanti figurano anche Mario Deaglio ed Elsa Fornero, che poco prima inaugurava il Salone sulle note struggenti del Todo Cambia. Sì, è la fiera del “todo cambia”. E Martin Angioni, singolare figura di manager quarantaquattrenne, la incarna esemplarmente. Le sue maniere franche fanno sobbalzare la frangetta di Marisandra, l’addetta stampa che corregge e sopisce. Lui non sembra badarci troppo. «Gli editori esprimono malumore. Ma cosa hanno fatto negli ultimi trent’anni per allargare il mercato dei lettori? Assolutamente nulla. Amazon è un’azienda seria e trasparente, che ha portato i libri dappertutto».
Sì, avete rivoluzionato la distribuzione, facendo piangere i librai.
«Non è Amazon che ha ucciso le librerie, ma i supermercati e le grandi catene. Sono loro che hanno messo in difficoltà  i punti vendita indipendenti. Ma che vuole un editore come Feltrinelli che è titolare di un’importante catena libraria? Questa è un’anomalia italiana, il fatto che i grandi gruppi editoriali controllino anche la distribuzione».
Sua madre, Elizabetta zu Stolberg, aveva una raffinata libreria a Torino e ha dovuto rinunciarvi.
«Sì, ora al posto della libreria Druetto, fondata da mio bisnonno nel 1918, c’è un negozio Stefanel. Cinque anni fa la decisione di chiudere. Era diventato un lavoro molto difficile».
Allora possiamo dare una lettura in chiave famigliare: il figlio vendicatore della madre vessata dalle catene librarie…
«Mia madre guarda con favore alla mia nuova attività . Non è ideologica. Forse perché ha sperimentato direttamente la difficoltà  di vendere i libri».
Lei ha mai lavorato nella libreria Druetto? 
«Sì, da ragazzo, d’estate e nelle feste natalizie. Facevo il fattorino e aprivo gli scatoloni pieni zeppi di libri. Poi gli ordini hanno cominciato a scendere, e anche il personale».
Stefano Mauri sostiene che siete voi i veri guardiani del libro. Vi ergete a liberatori, ma in realtà  siete una delle poche multinazionali che blindano il mercato.
«Non è così. Aprire una libreria su Internet lo può fare chiunque. Dipende da come lo si fa. Noi siamo stati bravi. Ma anche la piattaforma di Ibs (ndr controllata da Mauri) è molto meglio di Bol, paragonabile a un negozio sciatto che respinge il visitatore. Abbiamo centosessanta milioni di clienti nel mondo. Pensa che li abbia costretti qualcuno? Evidentemente hanno la loro convenienza».
Non c’è dubbio. Ma oggi potete contare su una forza mondiale che non ha concorrenti.
«Ma fino al 2001 si diceva che Amazon fosse sull’orlo del fallimento. Lavoravo a New York, alla J.P. Morgan, e ricordo che si scommetteva sul crollo dell’azienda di Seattle. Il fatto è che noi promettiamo ricchezza di catalogo e rapidità . E poi manteniamo la promessa, garantendo prezzi bassi».
Fin troppo, lamentano i librai. Pisanti, già  presidente dei librai italiani, lamenta che non rispettate la legge Levi facendo un ulteriore sconto di 5 euro su trenta euro di libri acquistati.
«No, un momento. Quello sconto vale per tutto quello che vendiamo su Amazon, tranne che per i libri. Mica siamo nati ieri. È un modo di far conoscere tutta la nostra offerta on line. Amazon non fa pubblicità , quindi ci dobbiamo inventare nuove forme di promozione».
Ma in questo mare magnum di attrezzi per giardinaggio, utensili di cucina, arredi per il bagno, non c’è il rischio che il libro perda la sua centralità ?
«Ma perché mai? Amazon è una piattaforma generalista, ma mantiene un’alta specializzazione in tutte le sezioni. Se vuole comprare un tagliaerba, troverà  una grande varietà  di tagliaerba. Questo vale per i mestoli da cucina e per tante altre cose».
Ma il libro è diverso.
«Non deve convincermi. Da ragazzo compravo le cinquecentine e le portavo a rilegare dai più esperti artigiani torinesi. Ho la casa invasa dai libri. Sono un piccolo collezionista d’arte. Mi sono formato dall’editore Allemandi, e sul Giornale dell’Arte scrivevo articoli sull’economia della cultura. Questo è il mio mondo di riferimento. Ma non lo vedo in conflitto con Amazon, tutt’altro. Abbiamo permesso a tutti, anche a chi vive nelle lande più sperdute, di avere i libri a casa in pochi giorni».
Non si discute la sua utilità . Ci si chiede se questa straordinaria macchina non sia utile perché chi ha già  famigliarità  con la lettura. E se per tutti gli atri non sia più preziosa la vecchia figura del librario, quella incarnata da sua madre.
«Sì, lei si divertiva molto a raccontare le storie, creando intorno a sé una comunità  di amici lettori. Ma anche su Amazon si trovano recensioni, suggerimenti, guide alla scelta».
Non vorrà  metterli sullo stesso piano? 
«No, anche perché le dimensioni sono diverse. Allora diciamo così: speriamo che i bravi librai continuino a esistere. Sono le librerie-deposito che non servono più».
Le librerie di catena?
«L’ha detto lei».
Molti editori lamentano il rischio che il libro come l’abbiamo conosciuto nel corso di vari secoli cambi fisionomia. Eric Vigne di Gallimard ha fatto l’esempio della Recherche su twitter: ieri sono andato a letto tardi.
«Questa è la reazione ideologica tipica di chi sta in difesa. Hanno paura che quella idea del libro entri in crisi. Ma non è così. La tecnologia sta liberando l’uomo, moltiplicando le sue potenzialità . A Venezia, nel Cinquecento, gli aristocratici preferivano i libri di pergamena perché quelli a stampa sembravano volgari. E Platone racconta che la scrittura venne accolta con ostilità  da chi temeva si perdesse la memoria orale».
Tutti i grandi mutamenti culturali sono stati vissuti con accenti apocalittici. Però riconoscerà  che Bezos, fondatore di Amazon, non è stato molto incoraggiante con gli editori. Il selfpublishing – ha sostenuto – li rende fatalmente inutili.
«Ma non è un requiem per l’editore, che resta una figura essenziale per l’autore, quasi paterna. Semmai, un invito a far meglio, e di più. Einaudi, con il suo glorioso catalogo, esisterà  sempre. Il bello di Internet è che c’è posto per tutti, per il gelato Algida e per la bottega artigianale. Tutto il resto sono isterismi inutili, a cui non voglio replicare».
Ma non è stato sbagliato snobbare la tavola rotonda con i grandi gruppi editoriali italiani? Perché non ha voluto parteciparvi?
«Il rischio è che siano incontri autoreferenziali. E poi volevo evitare attacchetti o beghe di cortile. Amazon è un’azienda seria e integra, che fa bene il suo mestiere. Chi compra un kindle acquista un 3,5 per cento di libri in più rispetto a prima, sia cartacei che digitali. Abbiamo allargato ovunque il mercato dei lettori».
Dal vostro debutto italiano, nel dicembre scorso, quanti libri avete venduto? 
«Il fatturato complessivo del 2011 ha superato i quaranta miliardi di dollari, con una crescita del 41 per cento sull’anno precedente. Ma non possiamo rendere noti i dati sul singolo paese. È la politica dell’azienda».
Non è segno di trasparenza.
«È una politica come un’altra, va rispettata».
Da dicembre il mercato italiano è ulteriormente calato.
«C’è una terribile crisi, che ci incoraggia nel nostro lavoro. In Italia ci sono venti milioni di persone che non leggono libri, e noi tentiamo di gettare un’esca. Se riusciamo a convertirne qualcuno, ci possiamo considerare soddisfatti. Gli editori italiani lo dicono da tantissimo tempo, ma non sono mai riusciti a farlo».


Related Articles

Ortese Morante

Loading

“Cara Elsa Le scrivo”

Peter Stein “L’arte è l’ultima forma mistica che abbiamo perché trasforma l’immaginazione in realtà ”

Loading

Si chiude con il regista il nostro viaggio alla ricerca dei diversi modi per decifrare i fatti 

Grandeur e miseria di un presidente

Loading

«La conquàªte» di Xavier Durringer perde «appeal» dopo il caso Strauss-Khan

 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment