In marcia verso il futuro a velocità  di crociera

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La Macchina del tempo di H.G.Wells (1895) narra più di fantapolitica che di fantascienza, oscillante com’è tra un disincantato darwinismo sociale e la speranza che qualcosa di umano rimanga anche quando la Rivoluzione industriale avrà  mostrato tutte le proprie feroci conseguenze. In effetti, la letteratura filosofica dedicata ai viaggi nel tempo è più ricca di quella puramente narrativa, anche perché i paradossi logici che intridono l’ipotesi di spostarci realmente e fisicamente in ciò che chiamiamo passato e futuro (soprattutto nel primo) costituisce – come nota Giuliano Torrengo nel suo I viaggi nel tempo. Una guida filosofica (Laterza, pp. X-178, euro 20) – «un ottimo banco di prova per le nostre intuizioni ordinarie sul tempo, e un’occasione per riflettere sui concetti temporali più fondamentali» .
Determinazioni quali «passato, presente, futuro» indicano qualità  che enti, eventi e processi possiedono in maniera provvisoria, instabile, cangiante. «Prima, poi, precedentemente, successivamente, 27 maggio 2012» sono invece caratteristiche che enti, eventi e processi possiedono stabilmente, che non possono perdere o mutare nel corso del tempo. I teorici del tempo dinamico ritengono che passato, presente e futuro esistano realmente – e non solo nella mente umana – mentre i loro avversari sono convinti che costituiscano delle illusioni e che il tempo reale sia una struttura immutabile di successione del prima e del poi. È intuitivo che la tesi più favorevole alla possibilità  di viaggiare nel tempo è quella statica, che presuppone una linea stabile nella successione degli eventi.
La coppia di concetti su cui si basa il testo di Torrengo è quella di tempo personale e tempo pubblico. Questa distinzione è stata proposta da David K. Lewis, il quale parte dalla constatazione che «gli spostamenti che compiamo nel presente non sono che viaggi nel futuro alla “velocità  di crociera” del tempo pubblico». Il tempo personale non sarebbe il tempo interiore analizzato da molti filosofi – da Plotino e Agostino a Bergson e Husserl – ma consisterebbe in una serie di eventi che non seguono l’ordine del tempo pubblico. Una macchina del tempo sarebbe qualunque cosa capace di spezzare la continuità  tra il tempo personale e quello pubblico, permettendo così al viaggiatore di «visitare una zona dello spazio in un momento del passato pubblico dove si era già  (rispetto al suo tempo personale) trovato, e quindi essere nelle prossimità  di un suo “sé” più giovane, delle cui esperienze ha memoria». Un viaggio nel passato sarebbe quindi «un percorso nello spaziotempo in cui l’evento che costituisce l’arrivo è – rispetto al tempo pubblico – precedente rispetto all’evento che costituisce la partenza (e1 dopo e2). Così come in uno spazio curvo possiamo raggiungere luoghi che si trovano alla nostra destra andando sempre a sinistra, similmente – se lo spaziotempo è curvo – possiamo raggiungere eventi che si trovano nel nostro passato avanzando verso il nostro futuro» .
Sull’implausibilità  di una simile ipotesi gravano molti argomenti di diversa natura, che Torrengo cerca di smontare in modo sistematico pervenendo tuttavia a una prospettiva che ha almeno due consistenti limiti metodologici e contenutistici, tra di loro diversi ma convergenti nel confermare l’impossibilità  – o, se si preferisce, l’infima possibilità  statistica – dei viaggi nel tempo. Il limite metodologico consiste nel fatto che l’intero libro conduce il discorso sul tempo in una prospettiva esclusivamente naturalistica, che neppure accenna al fatto che la temporalità  ha molte più dimensioni rispetto a quella soltanto fisica. Questa chiusura fisicalistica permette a Torrengo di illustrare con chiarezza le diverse ipotesi del presentismo, incrementismo, erosionismo, del presente riflettore, del presentismo graduale, del futurismo, senza mai chiedersi però che cosa sia davvero «il presente», questione che da Agostino a James ha reso problematica qualunque tesi che assuma «il presente» come nozione primaria e autoevidente.
Da questo limite discende l’inoltrarsi del testo nei meandri di speculazioni tanto fantasiose quanto improbabili, anche quando tale astrattezza venga sostenuta o supportata da ragionamenti logico-matematici. Di fatto, i teoremi di impossibilità  (no-go theorem) e la congettura della protezione cronologica proposta da Hawking – «stando alla quale qualsiasi tentativo di stabilizzare una curvatura dello spaziotempo che permetta un passaggio nel passato è destinato a fallire per effetti di instabilità  quantistica» – sono ostacoli pressoché insormontabili per qualunque pratica del viaggio nel tempo. Come si chiedeva informalmente ma efficacemente Enrico Fermi a proposito delle civiltà  extraterresti, se è possibile spostarsi dal futuro perché nessuno è mai venuto a farci visita? Dove sono tutti quanti? 
La risposta forse più rigorosa è quella che distingue la possibilità  di influire sul passato rispetto a quella che cambia il passato. La seconda azione sarebbe impossibile, la prima no. «Viaggiare nel passato non ci permette di fare in modo che ciò che è stato, non sia stato. Anche se disponessimo di una macchina del tempo e ci provassimo con tutte le nostre forze, il passato non si cambia. (…) È possibile influire sul passato se è possibile causare un evento che accade, dal punto di vista del tempo pubblico, prima della nostra azione. La catene causali richieste dai viaggi nel passato certamente implicano che il viaggiatore influisca sul passato in questo senso. Ma affinché il viaggiatore cambi il passato, non basta che influisca su ciò che è stato, occorre che la sua azione nel passato porti a conseguenze nel passato che non hanno avuto luogo. E questo determina direttamente una contraddizione. Tale contraddizione, però, tocca solo la nozione di cambiare il passato – che, appunto, è una nozione contraddittoria – e non la nozione di viaggio a ritroso nel tempo».
Numerose e interessanti sono le questioni temporali che il libro affronta allo scopo di collocare i viaggi nel tempo nell’ambito filosofico-scientifico. Tra queste il multiverso, «ossia una infinità  di linee del tempo, ciascuna in un universo distinto»; la distinzione fra endurantisti tridimensionalisti, per i quali gli enti sono sempre presenti mentre gli eventi hanno parti temporali ed esistono nel tempo parte dopo parte, e perdurantisti quadrimensionalisti, per i quali invece «gli oggetti non sono che eventi particolarmente coesi nello spazio e le cui parti temporali o fasi stanno in stretta relazione causale fra loro»; il rapporto, centrale già  in Aristotele, fra tempo e movimento/mutamento, il quale fa sì che «se non lo scorrere stesso del tempo, certamente la sua misurabilità  richiede qualche forma di cambiamento»; la vicinanza tra il tempo cilindrico e l’eterno ritorno stoico e nietzscheano; il legame profondo tra tempo e linguaggio, per il quale «se fossimo viaggiatori del tempo non solo dovremmo aggiornare il nostro modo di pensare, ma anche il nostro linguaggio ordinario risulterebbe inadeguato»; lo spaziotempo della relatività  generale e l’ipertempo quale «seconda dimensione temporale ipotizzata in alcune teorie metafisiche, in cui il tempo ordinario scorrerebbe e in cui sarebbe possibile effettuare cambiamenti del passato»; il fondamento fisicalistico-parmenideo dei teorici del tempo statico, per i quali il tempo non è altro che lo spazio, «un insieme ordinato di “punti” indifferenziato e statico»; la maggiore plausibilità  delle tesi dinamiche, assai più capaci di coniugare un reale tempo della natura con un altrettanto reale tempo della mente: «alcuni autori parlano di un tempo cosmico, un passaggio oggettivo del tempo che le nostre teorie cosmologiche migliori garantirebbero – e questo anche se determinazioni come essere presente, passato e futuro risultano dipendenti dalla mente».
Una delle principali questioni dalle quali il libro prende avvio «è stabilire se la nostra esperienza del passaggio del tempo colga un aspetto che si possa correttamente attribuire alla realtà , così come facciamo intuitivamente». La risposta richiede una serie articolata di prospettive che debbono attingere e fare riferimento alla molteplicità  costitutiva del tempo e non soltanto alla sua dimensione fisico-naturale.


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