La nuova società  recita a soggetto

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Per costruire un processo di superamento progressivo della crisi in corso, occorre un pensiero prospettico che sia in grado di cogliere tanto gli elementi di decomposizione del quadro attuale quanto le leve possibili del cambiamento. È in questo quadro che si inserisce l’ultimo libro di Alain Touraine, Dopo la crisi. Una nuova società  possibile (Armando, pp. 192, euro 18). 
Chi da anni segue il grande sociologo francese non può che essere colpito dal parziale cambiamento di visione espresso nel volume: negli ultimi dieci anni, Touraine, da una parte ha analizzato essenzialmente i fattori di decomposizione del sociale fino a giungere alla conclusione che l’idea stessa di società  è morta, poiché i conflitti e gli attori non sono in grado di orientare lo sviluppo né esiste più un principio di unità  del sociale e delle sue classi. Dall’altra, egli ha indicato nel «soggetto personale», un attore che si afferma attraverso una spinta emancipativa individuale che rompe con l’immagine della persona ridotta a puro consumatore e lavoratore, l’architrave di un processo molecolare di affermazione e costruzione di nuovi diritti, oltre i legami strutturali con una società  ormai decomposta. Il «soggetto personale» si definisce quindi in termini culturali e morali e si colloca fuori dalle «etichette», dai meccanismi di condizionamento e anche delle possibilità  di azione sperimentate durante la società  industriale. Con questo saggio, invece, Touraine invita a pensare come dare forma a una nuova dimensione collettiva, che avrà  il nome di società , ma che presente come nodi tutti quelli che attenevano alle politiche della trasformazione politica e istituzionale.
La finanza autoreferenziale
Nel suo ultimo libro, Touraine riannoda quindi i fili della sua quarantennale rilfessione, recuperando quel riformismo radicale che lo ha caratterizzato fino agli anni Novanta e l’idea di una modernità  che può essere ricomposta all’insegna di un primato del singolo sui meccanismi sistemici. Per questo, scrive di nuovo della possibilità  e dell’urgenza di ricostruire una diversa collettività  umana, sottolineando come la fase attuale sia caratterizzata da un «evento contingente» chiamiamo crisi economica e finanziaria; e da processi di trasformazione di lungo corso che quell’evento ha solo accentuati. La separazione delle sfere sociali, culturali e dell’economia reale da quella finanziaria generano, al livello globale, populismo, fondamentalismo e comunitarismo. Allo stesso tempo il panorama è costellato da crisi ecologiche, sfruttamento, dominio del denaro e del profitto. Il capitalismo ha così continuato a svilupparsi su una base più astratta e auto-referenziale, mentre persino la società  capitalistica è da declinare in termini molto diversi da quelli che assegnavano centralità  alla lotta di classe e alla politica democratica come fattori in grado di incidere sulle dinamiche dello sviluppo economico. Per Touraine, ma su questo crinale c’è invece piena continuità  rispetto alla sua passata riflessione teorica, si sono infatti formate nuove possibilità  di soggettività , incentrate sulla rivendicazione della dignità  e sul richiamo ai diritti universali – come mostrano i cambiamenti promossi dalle donne e, sul piano dell’azione collettiva, i movimenti delle «primavere arabe». 
La crisi fa però precipitare tutte le contraddizioni di un sociale in cui soggetto e sistema, democrazia e finanza globale, sono divenute sfere separate e asimmetricamente ordinate. Di fronte a noi abbiamo dunque due alternative: ho la catastrofe finale o la costruzione di una nuova collettività , che Touraine definisce come «situazione post-sociale», poiché la semplice prospettiva di ricostruire una nuova società , un nuovo livello d’integrazione stato-centrico, è a suo parere inefficace e irrealizzabile. 
In passato la domanda a cui era indipensabile rispondere era: «socialismo o barbarie?» Touraine preferisce declinare l’alternativa indicandola come scelta tra soggetto o barbarie. L’obiettivo strategico deve essere quindi quello di ricostruire istituzioni e metodi di «re-incorporazione» dell’economia nelle dinamiche politico-democratiche incentrate, appunto, sul primato del «soggetto personale». Questa figura si definisce come un principio di azione, individuale eppure universale che emerge nei conflitti e nei movimenti di tutto il mondo, opponendo all’astrattezza dell’economia finanziaria la generalità  di un nuovo, diffuso, umanesimo. Occorre dare radicamento a questo principio d’azione, sinora relegato ai margini della modernità , facendone il perno di nuove progettualità  politiche e del ripensamento delle istituzioni. In base a questa griglia analitica, ciascuno di noi può essere ed è quel soggetto, nel momento in cui sperimentiamo la prepotenza delle logiche di sistema sulla nostra vita – la dittatura del debito – e ci opponiamo ad esse in nome della nostra dignità . La militanza assume così un nuovo significato: dalla dimensione dell’appartenenza occorre passare a quella dell’impegno e dell’esemplarità . 
Scorciatoie retoriche
La lettura di Touraine ha il merito di mettere in collegamento i cambiamenti di lungo periodo, l’attuale crisi economica e il discorso sulla costruzione di nuove soggettività . Tuttavia, nel momento in cui l’analisi passa al piano prescrittivo, continua ad essere troppo astratta: il soggetto rimane sia distaccato dai processi strutturali e dai sistemi di disuguaglianza che, presumibilmente, ne fondano la possibilità ; sia dalle istanze di ripensamento dei processi economici capitalistici. Rischia cioè di farsi pura affermazione retorica se non trova un vero e chiaro radicamento sociopolitico: del resto, come dimostrano proprio i movimenti della primavera araba, o degli indignados, non basta la testimonianza del soggetto per mettere in moto il cambiamento. Occorre l’entrata nella dimensione politica e, dunque, lo scioglimento di quel nodo che Touraine ritiene ormai inesistente, del rapporto tra partiti, formazione delle classi dirigenti e movimenti sociali.


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