Le contraddizioni di Hollande

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I punti principali del programma del neopresidente socialista sono il raggiungimento dell’equilibrio del bilancio pubblico nel 2017 e e la riduzione del deficit al 3% del Pil per l’anno prossimo. All’interno di questi obiettivi Hollande si propone di creare 150 mila «posti di lavoro del futuro», evidentemente in settori ed occupazioni di punta, nonché riportare l’età  pensionabile a sessant’anni, il livello cui era fino al 2010 quando Sarkozy la portò a 62.
Il supporto finanziario dovrebbe venire da un’ imposizione del 45% sui redditi superiori ai 450 mila euro l’anno e del 75% su quelli oltre il milione di euro. L’imposta sui redditi verrà  incrementata dello 0,1% all’anno per finanziare le spese pensionistiche mentre l’imposizione sulle plusvalenze bancarie verrà  aumentata del 15%. In tale contesto il programma di Hollande non è compatibile col Fiscal compact perché prevede il pareggio di bilancio su un arco di tempo assai più lungo rispetto alla rapidità  imposta dell’accordo siglato dai 25 paesi dell’Unione europea all’inizio di quest’anno. 
Tuttavia l’obiettivo del pareggio assoluto nel 2017 Sarkozy se l’era posto per il 2016, accetta il principio di deficit zero portato avanti, nei confronti degli altri paesi, dalla Germania. Come si pone il programma del neopresidente rispetto alla fiscalità  francese? Forse pochi sanno che il gettito fiscale proveniente dall’imposta sui redditi rappresenta meno del 20% degli introiti netti complessivi a parte dello Stato, mentre le tasse percepite dalle società  non arrivano al 14%. Ne consegue che il grosso del gettito fiscale della Francia, pari al 49% del totale, origina dall’Iva, una tassa altamente regressiva. Questa caratteristica del gettito fiscale è strutturale, essendo stata voluta e perseguita da molti decenni sia dai governi di destra che da quelli socialisti. Ciò significa che la tassazione dei ricchi propagandata durante la campagna presidenziale non potrà  cambiare di molto la composizione del gettito, che invece si impernia sull’Iva. A corroborare il sospetto che la tassazione dei ricchi sia un fuoco pirotecnico contribuisce il fatto, anche questo poco noto, che ben il 45% dei foyers fiscaux (le famiglie) francesi è esente dall’imposta sul reddito, di cui l’80% non supera i 12000 euro l’anno.
La mia conclusione è che l’effettiva base impositiva della Francia non permetta politiche di ripresa mantenendo l’obiettivo del bilancio in pareggio per il 2017 e la riduzione del deficit al 3% del Pil per l’anno prossimo. Pertanto rinegoziare il Fiscal compact non basta, soprattutto quando l’economia francese sta entrando in recessione. Hollande dovrebbe rivedere i suoi obiettivi, cioè quello del pareggio per il 2017 e la riduzione al 3% per il 2013. Qui la Germania non c’entra.


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