«La Tav nella lista dei bersagli»

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ROMA — Il timore più forte degli analisti è che le «inchieste» sui possibili obiettivi siano già  state effettuate. E che i terroristi della Fai possano tornare a colpire in tempi brevi. A questo pensa il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri quando, durante una visita ad Alessandria, dichiara che «la Tav è la madre di tutte le preoccupazioni». I movimenti di contestatori si infuriano convinti di essere stati messi sullo stesso piano di chi ha sparato la scorsa settimana all’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi. Il Comitato di Bussoleno dirama una nota per dire che «si tratta di affermazioni gravi e adesso la misura è colma». E infatti, neanche poche ore dopo, il ministro precisa che «non c’è alcun collegamento con il terrorismo e la frase riguardava i problemi di ordine pubblico». In realtà  il vero riferimento per la titolare del Viminale è ai possibili «bersagli» legati all’opera della Val di Susa, al fatto che «una nuova azione possa essere legata proprio a quel progetto» dunque a chi l’ha studiata e adesso lavora per realizzarla. 
Si muovono tra la Liguria e il Piemonte le indagini sul gruppo anarcoinsurrezionalista che ha compiuto l’agguato a Genova. E in vista del Comitato per l’ordine e la sicurezza convocato per giovedì si rielaborano le strategie di prevenzione, si mettono a punto le misure di sorveglianza. Nella lista dei manager che potrebbero diventare un «simbolo» da colpire ci sono coloro che lavorano per aziende statali in crisi, costrette a ricorrere alla cassa integrazione e ai licenziamenti. L’elenco si allunga ogni giorno, in tutte le prefetture si continuano ad aggiornare i dispositivi di protezione su sedi e persone. Tanto che la redistribuzione dei soldati sul territorio è già  cominciata. 
L’intenzione, ribadita dal ministro con il sottosegretario Carlo De Stefano che si sta occupando del coordinamento tra i vari uffici, è di non militarizzare le città  cercando di impiegare le forze dell’esercito che sono già  operative, dunque aumentando il meno possibile il numero degli uomini. Ma certo gli obiettivi possibili sono centinaia e bisogna cercare di non lasciare aree «scoperte». Anche perché è vero che il salto di qualità  c’è stato, ma nessuno tra gli esperti può escludere che adesso si decida di cambiare ulteriormente il copione tornando a utilizzare gli ordigni al posto delle pistole. Una situazione di massima allerta che coinvolge anche Equitalia. 
Nel volantino di rivendicazione recapitato venerdì scorso al Corriere della Sera i componenti della «cellula Olga» escludono che l’Agenzia di riscossione sia di loro interesse, ma nessuno fra gli analisti se la sente di scartare l’ipotesi che altri possano compiere azioni eversive mirate su questo bersaglio, come del resto era già  accaduto agli inizi di dicembre scorso con la «campagna esplosiva di un’altra “cellula” contro le banche, i banchieri, le zecche e le sanguisughe» e un pacco esplosivo era stato spedito al direttore generale Marco Cuccagna. 
A questo si sommano le intimidazioni non firmate con bottiglie molotov, le vetrine sfasciate, gli assalti dei cittadini, le proteste di piazza. Una situazione di alta tensione che nei prossimi giorni potrebbe continuare a salire. Un allarme che al ministero dell’Interno non vogliono trasformare in allarmismo, anche se la preoccupazione c’è perché da tempo gli analisti mettono in guardia rispetto ai pericoli legati alla crisi economica. 
Si guarda all’Italia, ma si dialoga anche con le polizie straniere — greche e spagnole in particolare — perché il filo tra le formazioni che agiscono in questi Paesi appare sempre più forte, come del resto dimostrano i dialoghi captati attraverso i siti internet «dedicati», ma anche tra comunicazioni più riservate. Una sinergia che va avanti da tempo e che — questo è il sospetto — potrebbe essere stata potenziata nelle ultime settimane.


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